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Paradiso amaro

Regia di Alexander Payne vedi scheda film

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La recensione su Paradiso amaro

di LAMPUR
4 stelle

Io già non trovo particolarmente paradisiache le Hawaii, amareggiatemele pure...

Non è facile essere tristi ai tropici. Scommetto che nelle grandi città puoi andartene in giro per strada con lo sguardo accigliato e nessuno verrà mai a chiederti cos'è che non va o a incoraggiarti a sorrider, ma qui è come se tutti pensassero che è una fortuna vivere alle Hawaii; il paradiso regna sovrano. Per quanto mi riguarda, il paradiso può andarsi a farsi fottere.”

Questo l'esordio del romanzo della Hemmings, nata e cresciuta alle Hawaii, per altro. Be', fisiologicamente potrà anche essere la stessa cosa restare in coma alle Hawaii o a Tor Bella Monaca, ma dopo un giretto nella periferia romana alla Hemmings  potrebbe sorgere qualche ripensamento sulla qualità della vita... e comunque i personaggi di libro e film, a parte incidenti, tradimenti, incomprensioni familiari etc etc... navigano nel benessere più disgustoso e se la spassano alla grande... donategli pure l'immortalità!... qualche guaio dovranno passarlo ogni tanto!...  comunque, dopo lo sfogo, una veloce analisi: la pellicola ci appare d'un costruito molesto.

Un beach movie dove tutti i personaggi tenderanno a sovvertire l'apparenza dell'acchito iniziale (come l'amico della figlia da prendere subito  a pizzoni al primo ciak), ma è tutta scena, fastidiosamente  scena, come quel  correre sciancato del George internazionale quasi a coniugare dramma e commedia in un improbabile mix, preso in mezzo dalla moglie fedifraga, dalle figlie irrequietissime, dal suocero avvelenato e da un nugolo di cugini tutti residenti nel “paradiso” ma che, evidentemente, non ne hanno mai abbastanza... tutto tende a montare una tenera complicità con Matt King, discendente di principesse ed imbottito di soldi, ma toccato dal destino avverso e, capace ora, di far appello al buon senso per  raddrizzarsi, raddrizzare una piega di vita amara e riprendere contatto con la sua famiglia... ma c'è una sequenza che conservo con lucido affetto: George/Matt con a fianco il suocero che in qualche modo lo accusa dell'incidente che ha portato la figlia al coma. E George che potrebbe ribaltargli contro quello che combinava la moglie, non fiata. Rispetta quello sfogo doloroso tenendosi tutto dentro. Un vero signore.

Ma le immagini cult finiscono lì. Il film prosegue in un residuo crescendo di velleitarie scenette tese a ricucire una famiglia sfrangiata, senza comunicazione e senza felicità, nonostante ci si dimeni... nel paradiso. L'abusato anche i ricchi piangono ci sta comunque tutto e di più, e stride con la storia. L'avrei vissuta con più partecipazione se invece delle Hawaii la location fosse stata, chessò, proprio Tor Bella Monaca...

       

 

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