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La morte corre sul fiume

Regia di Charles Laughton vedi scheda film

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La recensione su La morte corre sul fiume

di LorCio
10 stelle

Favola nera? Dramma psichedelico, thriller selvatico, imprevista commedia e si potrebbe continuare ancora. Etichettare un film talvolta può risultare stucchevole, ma qui è addirittura divertente. Così com’è senza via di scampo. Il problema più affascinante dell’unico diamante in forma di pellicola firmato da quel gigantesco signore della scena che fu Charles Laughton è la sua decifrazione. Intendiamoci, il bello dell’opera prima (ed ultima) di Laughton sta proprio qui, nelle sue mezze frasi, nei suoi pensieri non conclusi, nella sua enigmatica, avvolgente atmosfera di rarefatta inquietudine. La storia conta, certo, è fondamentale nell’economia del film per l’inquietudine che trasmette attraverso il pedinamento coinvolto dei bambini (ma più in particolare di John) nella visione dell’Uomo Nero (un mastodontico Robert Mitchum).

 

I messaggi sono molteplici: l’Uomo Nero è un ciarlatano psicopatico dedito alla ricerca del danaro – motore mobile e costante del mondo –, all’appagamento degli istinti omicidi, all’affabulazione del prossimo, ossia tutte quelle manie perverse che attecchiscono sull’uomo in preda alle proprie passioni più primordiali e putride; ai bambini è affidato il Destino del Logos perché essi conservano (e trasmettono) quelle peculiarità che ormai l’uomo adulto ha smarrito nella sua bramosa ricerca della libidine egoistica; la folla è soggetta al fascino di colui che si dimostra più “forte”: se all’inizio lo psicopatico, presentatosi come pastore, non può che attirare la massa in quanto figura carismatica e persuasiva, così alla fine non può che essere il linciato di turno, essendo stati svelati gli altarini.

 

In questa parabola senza tempo – che non è necessariamente moderna perché il suo sistema abbraccia sia la Bibbia che la cronaca nera, trasversalmente si rifà persino a Perrault e Mark Twain – non è poi da sottovalutare il ruolo del parallelismo evangelico tra le vicende del racconto e gli episodi biblici, da Erode che ordina l’uccisione dei bambini (la libidine, con Erode personificato dal finto pastore) a Mosè salvato dalle acque (John e Pearl trovano la salvezza perché si imbarcano verso l’altrove); e dunque non è di conseguenza di semplice interpretazione il personaggio di Mrs Cooper (la ritrovata Lilian Gish): è l’ultimo baluardo della carità cristiana?

 

Se sul piano narrativo il film può apparire subdolamente evocativo e enigmatico – nonché profondamente simbolista –, sul registro più squisitamente “tecnico” è come se camminassimo con una benda sugli occhi: le trascendenze espressioniste e quasi fantastiche (la ragnatela, l’auto e la mamma nel fondale marino, il gufo, il cielo stellato…) colpiscono, sfuggono, spiritualizzano. Non si dimentichi che la matrice del film è asciuttamente religiosa nel suo inesauribile bisogno di distinguere il Bene dal Male. E si potrebbe andare avanti per ore, data la tanta carne al fuoco messa in poco meno di un’ora e mezza: ma, sia chiaro, alla fine non ce ne veniamo fuori. Ci sarà un motivo perché Laughton ha chiuso qui la sua carriera dietro la mdp? Certo, i finanziamenti, il flop, le difficoltà… Ma è anche vero che con un solo film è riuscito ad imporsi come pochi altri sono riusciti.

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