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Come ammazzare il capo... e vivere felici

Regia di Seth Gordon vedi scheda film

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La recensione su Come ammazzare il capo... e vivere felici

di PompiereFI
4 stelle

Come simpaticamente urlacchia Caparezza nel suo ultimo e interessante cd: “And the winner is… Kevin Spacey”. Tra i migliori attori viventi, Spacey presta la sua maschera da moderno bastardo in appoggio alla causa che descrive la maggior parte dei capiufficio come odiosi aguzzini. Insensibili, traditori, molestatori, infidi compagni di viaggio di impiegati sull’orlo di una crisi di autostima, oltrepassano disinvoltamente il limite, mettono a disagio con una facilità disarmante, ricattano senza ritegno. Il mobbing è la loro primaria attività lavorativa. E gli iniziali 20 minuti di film, ahimè, non sono un vezzo irreale creato dalla sceneggiatura: le vicende dei tre impiegati vessati dai rispettivi dirigenti raccontano di un processo di spersonalizzazione costante che mina qualsiasi certezza.

Poi, quando sembra che la commedia sia in grado di poter camminare sulle proprie gambe, la dura realtà: i film americani non sono capaci di spingersi oltre una sottile patina di critica del sociale. Puntano per scherzo il dito contro quelli che sono gravi problemi di ordine morale ed economico, per poi rassicurarci che è tutto sistemato, senza rischi di fallimenti personali.

Ennesima patata bollente cotta, ricotta e sbriciolata, “Horrible bosses” si riduce a una farsa abbastanza innocua, sfuma le pretese di valutazione, anche minima, delle condizioni lavorative, mancando nella cosa che avrebbe dovuto renderla riconoscibile e originale: l’attualizzazione. L’argomento affrontato è una cosa seria, e la sceneggiatura ci marcia sopra con una dignità pari a quella dei tanto odiati leader imprenditoriali. Lacerata da una serie di chiacchere indigeste che annoiano e disperdono qualsiasi carica tagliente, si rilassa in un’incauta serie di notti da coglioni, uomini fuori orario che cercano di risolvere i problemi ispirati da Fottimadre Jones (una specie di Mr. Wolf a rovescio, portato sullo schermo dall’impagliato Jamie Foxx).

Jennifer Aniston è generosa nei suoi ammiccamenti erotici. Il ruolo di dentista ninfomane cucitole addosso è una novità per la fidanzatina d’America, altrimenti impegnata in ipocriti ruoli diabetici. Qui è quasi convincente mentre assale il povero Dale (l’attore Charlie Day, interprete, produttore esecutivo e sceneggiatore della serie tv “C’è sempre il sole a Philadelphia”). Nonostante gli sforzi, si percepisce l’artificiosità nel rendere l’attrice una vamp aggressiva e sessualmente disinibita.

Non va meglio neppure a Colin Farrell, il cocainomane menefreghista che punta alla distruzione dell’azienda familiare. Parruccato alla bell’e meglio e gonfiato ad altezza fianchi, esprime interessanti lampi aggressivi grazie ai suoi occhi, per sparire poi in una caricatura animata degna di un prodotto amatoriale.

Il regista Seth Gordon ha poche idee e si vede. Si sa che è intenzionato a rifare “War Games – Giochi di guerra” (novità, un remake!) e, visto come lavora di solito, se potessi mi metterei le mani nei capelli. Vitale e audace come un coniglio in padella, è capace di produrre la perfetta incarnazione di una situation comedy per bambini delle elementari. Ed è costretto a fare capriole impossibili per adattare una sceneggiatura, spesso sboccata e senza stile, a una serie di tristi e prevedibili disavventure.

Noncurante dei tempi comici, surclassato da una serie di dialoghi nei quali ci si parla sopra di continuo come un’allegra festa che diverte solo i partecipanti (aspettate i titoli di coda, please), e annacquato da un terzetto di sciocchi impiegati che meriterebbero (loro sì) di morire, il film è un dimenticabile apologo dei nostri tempi. Pertanto, per risolvere situazioni di lavoro spinose, siete invitati a compatire o a cercar di capire quei simpaticoni dei vostri capi… e continuare a vivere felici. Lontani da questo schermo.

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