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Le nevi del Kilimangiaro

Regia di Robert Guédiguian vedi scheda film

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La recensione su Le nevi del Kilimangiaro

di supadany
8 stelle

Traendo spunto dal poema “La povera gente” di Victor Hugo, Robert Guediguian torna nuovamente a narrare una storia nella “sua” Marsiglia, seguendo quelli che sono da sempre i capisaldi del suo cinema (almeno quello migliore) e della sua filosofia di vita.

Michel (Jean-Pierre Darroussin) vive felicemente con sua moglie Claire (Ariane Ascaride), nonostante abbia appena perso il lavoro, quando una sera subiscono una rapina in casa che li lascia entrambi sgomenti.

Ma il trauma è ancora più forte quando casualmente scopre l’identità di uno degli aggressori, fatto che lo porterà a stretto contatto con la vita di un nucleo famigliare assai diverso dal suo ed a porsi nuovi interrogativi.

 

 

Un racconto sereno, nonostante alcuni temi drammatici presenti e gli inevitabili scontri ideologici, che si giova di un contesto aderente come può essere quello di Marsiglia e della presenza di un gruppo di interpreti che si trovano a menadito tra loro (l’intesa tra Jean-Pierre Darroussin e Ariane Ascaride è semplicemente splendida) e col regista stesso.

La prima parte, dopo l’inizio che entra senza preavviso in uno scenario di profonda crisi economica, ci culla all’interno di un’armonia famigliare e la stabilità conseguita negli anni, per poi aprirsi a quelli che sono gli effetti della mancanza di orizzonti similari.

Uno scontro sociale tra chi, nella sua totale onestà, ha potuto costruirsi qualcosa di solido nel tempo (ed in tempi ovviamente diversi) e chi oggi non può più farlo, tra la generazione over 50 e quella dei giovani di oggi, decisamente più allo sbando e con obiettivi reali che tendono sempre più ad allontanarsi.

Così la biforcazione che la trama prende in seguito alla rapina mette a confronto ideali, possibilità (vedasi la presa di posizione del giovane ladro sulla modalità di gestione della crisi in azienda), presenta il conto dei pregiudizi (ad esempio su cosa possa spingere a rubare, facile finire male in arnese), anche se probabilmente si poteva evitare qualche eccesso gratuito (la rappresentazione della polizia per esempio) e il buonismo è un po’ occludente, anche se lo spirito di fratellanza rimane sincero ed encomiabile, rasserenando con pacatezza integerrima un quadro dalle tinte in progressivo oscuramento.

Quindi, nell’ottica di un pensiero (e credo) di vita si finisce col forzare un po’ troppo la mano e non si mantiene la fluidità di racconto che invece per la metà abbondante scandisce gesti ed abitudini dei personaggi con una piacevole armonia, frutto di intenti condivisi e senza dubbio del talento dell’autore e dei suoi interpreti.

Leggiadro.

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