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Le nevi del Kilimangiaro

Regia di Robert Guédiguian vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Le nevi del Kilimangiaro

di Theophilus
8 stelle

LES NEIGES DU KILIMANDJARO

 

Si sceglie di non scegliere. L’inizio di Les neiges du Kilimandjaro è l’alfa e l’omega. Abbiamo una fabbrica in crisi e siamo subito ed inequivocabilmente nei nostri tipici giorni. Si tirano a sorte 20 dipendenti e, sulle prime, non è del tutto esplicito se saranno quelli da tenere o quelli da mandare a casa. Come che sia, la si dà vinta al caso.

Uno dei temi che attraversa il dibattito scientifico filosofico contemporaneo assurge a protagonista del film. È un paradosso. Si afferma da più parti che la casualità esistenziale sia arbitro imponderabile, tale che non possa essere affrontata dall’uomo. Robert Guédiguian la prende su di sé e ne fa un metodo, ne anticipa l’azione come per sfidarla sul suo terreno: affidiamoci all’imparzialità del caso. L’azienda va male? Sia il caso a decidere. Finita la stagione della resistenza a qualunque costo e ad oltranza, tutti hanno delle ragioni per sopravvivere, tutti ne hanno il diritto.

Michel, sindacalista dell’azienda e protagonista principale del film, è fra i sacrificati. ‘Festeggiato’da colleghi e amici, viene poi derubato del presente in danaro che ha ricevuto. Viene ancora alla mente la ormai quasi proverbiale battuta secondo cui se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo.

Ad alcuni, per la scelta di parte delle musiche - di Pascal Mayer quelle originali – ‘Le nevi del Kilimangiaro’ sembrava ambientato negli anni ‘80. Michel che ‘sfoggia’ la sua conoscenza della lingua inglese citando una serie di titoli di canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones… il gazebo, le scampagnate al mare, il barbecue sono tutti elementi che possono trasportare in un passato più o meno recente. Ma alcuni dati concreti (l’Euro e i cellulari di piccole dimensioni) ancorano inequivocabilmente la storia ai nostri giorni. L’uso della Pavane di Ravel e della Grande Messa di Mozart, liberano, poi, da un’ambientazione rétro e semmai tendono a fare del film un classico in cui il dolore degli avvenimenti e l’imponderabilità esistenziale mettono in discussione l’ideologia. Il film, così, appare come un lieve, ma al tempo stesso drammatico ricamo attorno alle vicende umane che travalica i nostri tempi.

Il caso come arbitro ‘democratico’ ed imparziale non funziona affatto. Lo subiamo e quindi non dobbiamo assurgerlo a metodo di vita, adottarlo, farlo nostro, accettarlo incondizionatamente e farne un feticcio.

È, quindi, l’inizio che è ‘sbagliato’. È l’inizio del film che seleziona e precostituisce una serie di potenziali drammi, escludendone altri. L’obnubilata non scelta di chi sarà sacrificato scatena una serie d’imponderabili conseguenze, ma che si spiegano e si giustificano nella realtà personale e sociale di ognuno dei protagonisti della storia. Lei (Ariane Ascaride) crede nella scelta come dato possibile, è felice della sua vita perché ha scelto di seguire lui (Jean-Pierre Darroussin) per la sua strada. Lui è perplesso e mortificato di avere portato la moglie allo status di postina della pubblicità per sbarcare il lunario: i due, infatti, procedono parallelamente lungo la via, lei da una parte, lui dall’altra ad imbucare dépliants. Lui si pente di aver denunciato la rapina subita, ma è troppo tardi. E allora?

Guédiguian porta il film alla coesione di un esito unitario. Michel e Marie-Claire s’incontrano per due strade lievemente diverse e giungono alla stessa conclusione. Forse, allora, il film è una metafora sulla possibilità. Guédiguian dà una possibilità all’amore, sentito più che come scelta, come forza incomprensibile ed incommensurabile a cui abbandonarsi e in cui trovare la pace.  

 

Enzo Vignoli

3 febbraio 2012.

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