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Le nevi del Kilimangiaro

Regia di Robert Guédiguian vedi scheda film

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La recensione su Le nevi del Kilimangiaro

di EightAndHalf
4 stelle

Guédiguian è un nome abbastanza importante all’interno del cinema francese già dalla fine degli anni ’90, e ha consegnato una serie di film ben giudicati. Anche non conoscendolo, però, “Les neiges du Kilimandjaro” appare un film monco, privo di crescita, che pone un facile dilemma sociale (facile ma non risanabile), come a ribadire, insistentemente, un qualcosa di già sentito e ben conosciuto. Eppure del nuovo film, associato curiosamente all’”Uscita dalle fabbriche Lumiére” dalla recensione di FilmTv, un film che sembra seguire le vite di alcuni di quegli operai che i Lumiére fecero, appunto, uscire dalle loro fabbriche, del nuovo film di Guédiguian non si può negare l’importanza e la rivelanza sociale in un contesto storico qual è quello di oggi, in cui nella realtà le situazioni effettivamente “ritornano”, vengono insistentemente ribadite. Il film è sicuramente fedele alla realtà. Forse allora il problema è un altro: non dobbiamo scordarci che l’importanza di un film non coincide necessariamente con la sua qualità intrinseca, con la sua valenza artistica. Se si vuole ricercare l’utilità, è giusto che essa venga esibita e enfatizzata da un certo tipo di messa in scena decisa e che lasci spazio a un minimo di ambiguità. Poi, se è un regista di discreta importanza oggi, nel contesto di un buon cinema francese (di recente annebbiato solo dalla nuova commedia alla moda), ci si può aspettare una regia e uno stile ben definiti, indirizzati verso uno scavo psicologico, oltre che cronachistico di una realtà che sappiamo tutti essere difficile. Invece la mdp si tiene al sicuro, senza osare, guardando solo da lontano i suoi personaggi, cercando di rimediare alla propria freddezza e alla propria poca incisività con una colonna sonora ingombrante e fuori tema. Il risultato è straniante e deludente, lo stile così inedito da apparire televisivo, specie nella mancanza di spessore di certi personaggi fuori campo, personaggi secondari che dovrebbero farsi portatori di una realtà un po’ più complessa di quella in cui tutti i problemi sembrano vertere sulle differenze sociali. Che Guédiguian abbia voluto specializzarsi e concentrarsi solo su questo? Intanto la conseguenza più immediata è quella di un film col fiato corto, in cui a salvarsi può essere solo una storia più interessante. Purtroppo quella arriva dopo più di un’ora in cui è tutto talmente sfuggente, ok, antispettacolare, ma anche piatto e quasi insignificante, ché lo spettatore ha fatto fatica ad essere colto dalla tensione in cui sembrano volersi configurare i protagonisti. E questo momento dell’interesse (che arriva col monologo della madre che deve salire sulla nave) è fin troppo lontano dall’inizio della pellicola, e fin troppo vicino da un finale utopistico e che cerca nel disaccordo dei figli dei protagonisti per la di loro decisione un punto nero in un finale che è fin troppo rassicurante. È vero che oggi è ben più coraggioso far finire un film bene piuttosto che male e pessimisticamente, ma il lieto fine deve allietare anche uno spettatore che invece qui poteva già sapere tutto e che non esce certo arricchito. Utile ma evitabile.

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