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Le nevi del Kilimangiaro

Regia di Robert Guédiguian vedi scheda film

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La recensione su Le nevi del Kilimangiaro

di mc 5
10 stelle

Il cinema di Guédiguian non si pone mai il problema dei suoi esiti commerciali. E' arte rigorosa e militante. Militante non nel senso che coincide con la politica attiva: esso attiene ad un concetto di militanza intesa come urgenza morale, come necessità di rigore etico, di coerenza che non conosce distrazioni. Un cinema che è omaggio alla solidarietà tra gli uomini, un tributo alla loro fatica di vivere e al loro sacrificio quotidiano in nome della democrazia e della libertà delle idee. Non posso dire di essere un frequentatore fedelissimo della intera sua filmografia, ma di quei pochi suoi film che ho avuto occasione di vedere conservo un ricordo molto vivido e "ingombrante", dato che si tratta di un cineasta che lascia sempre il segno, e le cui opere condividono un'asciuttezza, un rigore e un sapore spesso aspro, tutti elementi che le rendono uniche e indimenticabili. E questa rigorosa ossessione per la sua città (Marsiglia), questa sua attitudine a mettere in scena quasi sempre gli stessi ambienti, non va visto come un limite d'orizzonte, ma al contrario è come se il regista mettesse la sua arte al servizio di una "missione", che poi qualcuno potrà definire politica, sociale, o anche semplicemente "umana". Una cosa è certa: il cinema di Guédiguian è spigoloso e inquieto, e nel suo indagare sulla fragilità dell'uomo (che pure oppone resistenza alla spietatezza della globalizzazione e di un capitalismo che erode sentimenti e generosità) si scorgono tenui luci di speranza, anche se a prevalere è una vena amara e dolente, quella di chi crede nei valori di solidarietà ed amicizia. La sua è una sorta di Preghiera Laica, in cui dolore e consapevolezza diventano il pane ed il vino di una Eucarestia Proletaria nella cui rappresentazione i Fedeli sopravvissuti si scambiano il segno della pace. E un'altra cosa è certa: Guédiguian fa un cinema popolare, che indaga sulla gente del popolo e sui suoi sentimenti, eppure non si può dire che sia un cinema per tutti, dato che in esso convivono semplicità e quotidianità, ma anche un senso estremo di disperazione così lacerante che non può essere colto da un pubblico onnivoro o superficiale, il quale può esserne anzi addirittura infastidito. Io credo di essere piuttosto in linea con lo sguardo del regista sulla attuale deriva politica e sociale, per cui mi trovo a mio agio nel confrontarmi con le sue opere, e dunque anche stavolta mi sono calato in questa esperienza, piacevolmente abituato ai tratti aspri e malinconici di un cineasta che non si pone certo il problema di lisciare il pelo al pubblico. La critica ha parlato quasi all'unanimità di capolavoro. Non posso che associarmi con entusiasmo, ammirato da una messa in scena che coniuga una essenzialità quasi spartana con una profondità assoluta di impegno e di passione morale. Michel e Marie Claire sono due personaggi scritti (dallo stesso regista che è anche autore della sceneggiatura) caricandoli di una umanità sconfinata che suscita l'affetto dello spettatore, che dunque li vede come persone vulnerabili, ispirate ad un buon senso comune, non certo esenti dai difetti che un pò tutti abbiamo, ma soprattutto due persone di cui nessuna deriva sociopolitica potrà mai scalfire il senso di solidarietà ed amore verso l'Altro. Com'era quella frase-slogan? "Restiamo Umani". Nonostante tutto. Siamo a Marsiglia, ai giorni nostri. La crisi sta bastonando anche qui, al porto. Un'azienda sta licenziando una ventina di dipendenti, e tra questi anche Michel, anziano sindacalista, persona per bene, ormai disilluso da un mondo del lavoro più spietato che mai. Michel è come annichilito, avendo assistito a tanti cambiamenti negli ultimi decenni, e non solo nel suo ambiente lavorativo...in generale nessuno sembra essere scampato ad un inarrestabile inaridimento nei rapporti umani. Lui e la moglie Marie Claire però, nel loro privato e nella cerchia di amici e parenti stretti, mantengono viva la fiamma della gentilezza d'animo e della generosità. Insomma, nonostante il mondo vada a rotoli, loro sono due persone serene, che si fanno bastare il poco che hanno. "Il poco che hanno"...ecco, questo è uno degli aspetti del film. I due coniugi, dopo un'intera vita di sacrifici (e di lotte condotte sui luoghi di lavoro) si sono conquistati una modesta quota di benessere (un'automobile, una casa dove invitare gli amici alle grigliate sul terrazzo, una pensione: insomma le cose cui tutti più o meno aspiriamo e che nulla hanno a che vedere con sfarzo ed opulenza). Eppure oggi, nel nostro mondo dove tutto è sballato, e non esistono più criteri oggettivi o principi di buon senso, può accadere l'assurdo che quel piccolo angolino di benessere assuma per qualche mente alterata i contorni del "lusso". I due vengono rapinati da un ex collega di Michel (licenziato anche lui) che vede nei coniugi due persone "arrivate" e vincenti. Il che è davvero surreale se si considera (e lo spettatore lo tocca con mano) quanto Michel sia persona modesta, seria e tutt'altro che avida. Eppure la crisi economica esaspera gli animi, rende la gente disperata e malvagia, e anche invidiosa. E Michel oltretutto è talmente buono ed umile che arriva ad arrovellarsi se davvero lui e la moglie non siano diventati "una coppia di borghesi". La drammatica sequenza della rapina è dunque l'evento che fa da spartacque nella vicenda. In seguito il collega di Michel viene individuato dalla polizia e messo in carcere, peraltro dopo aver rapidamente dissipato il denaro rubato. Ma a questo punto la storia prende una piega inaspettata, perchè entrano in ballo i due piccoli fratellini del rapinatore. Ma qui preferisco interrompermi perchè è proprio da questo snodo che parte la fase finale della vicenda, quella che vede i due coniugi costretti ad una resa dei conti, con sè stessi  e col mondo, che ne farà in ogni caso due persone migliori. Come sempre, Guèdiguian (che peraltro ha qui tratto ispirazione da una poesia di Victor Hugo) ama circondarsi dei suoi adorati attori feticcio, primo fra tutti lo straordinario Jean-Pierre Darroussin (attore le cui quotazioni stanno salendo a ritmo vertiginoso) e la carissima Ariane Ascaride (un viso di donna indimenticabile, carico di umanissima semplicità e -per inciso- compagna di vita del regista). Concludendo. Cinema raro e prezioso. Dunque da preservare e da difendere. Come le nostre idee e i nostri pensieri di cui siamo particolarmente convinti.
Voto: 10

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