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Ip Man

Regia di Wilson Yip vedi scheda film

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La recensione su Ip Man

di alan smithee
7 stelle

Un mito che genera un mito: la cine-biografia di un grande maestro delle arti marziali vissuto in un drammatico e bellicoso contesto storico che la accorta regia non tralascia, ma anzi rende molto più che un semplice sfondo di una storia vera dai connotati di leggenda. La storia dell'elegante, mansueto, ma letale maestro di Bruce Lee.

La cine-biografia dello straordinario ma anche mite maestro di Bruce Lee, in un film che si divide equamente tra dettagliata e minuziosa ricostruzione d’ambiente e storica e l’azione, molto coreografica, delle scene di lotta e sfide, in grado di animare il film con coreografie che sembrano balletti di un musical sofisticato e studiato nei minimi particolari; un capostipite di successo che diede luogo a ben tre seguiti.

Anni Trenta, città cinese di Foshan: periodo prospero e di pace, in cui si sviluppano varie scuole di arti marziali e si praticano le varie tecniche del Kung-fu cinese (Wing Chun). Il maestro assoluto della specializzazione è il pacifico, pacato e corretto Ip Man, che tuttavia non ambisce, pur potendoselo permettere molto più di altri, a diventare un maestro né tantomeno a lucrare su questa sua dote fondando delle scuole tematiche o centri sportivi di successo.

L’uomo infatti vive pacifico nella sua bella casa con moglie e figlioletto, accettando talvolta qualche duello i nprivato, che lo vede sempre e puntualmente vincitore di ogni sfida.

Quando poi, a fine anni ’30, l’occupazione giapponese getta nella miseria uomini e città, ridotte a macerie saccheggiate e depauperate, ed il cibo comincia a scarseggiare, anche per Ip man, scacciato di casa e costretto a vivere nei sobborghi più poveri, comincia a prospettarsi un periodo di difficoltà.

L’uomo, che ha difficoltà a portare cibo a casa, accetta di sfidare i soldati giapponesi in gare di lotta in cambio di un piccolo sacco di riso.

La circostanza lo fa incontrare ad un abile generale giapponese, Miura, affascinato da un lato dell’abilità, eleganza, e tecnica di combattimento insuperabile di Ip, ma anche orgoglioso di far valere la superiorità della tecnica di combattimento giapponese su quella della nemica ed invasa Cina.

La sfida tra i due diverrà un duello personale giocato a dolorosi colpi bassi ai danni dei cari di Ip Man, e di conseguenza in grado di mettere l’uomo alle strette, costringendolo a combattere per sopravvivere e cercare di salvaguardare il destino compromesso della sua famiglia.

Riuscirà a spuntarla, a fuggire con la famiglia, ferito ma vivo, ad Hong Kong dove aprirà finalmente la sua prima scuola di Wing Chun, quella che accoglierà poco dopo il mito nascente di Bruce Lee, suo storico, indimenticato allievo.

Girato molto bene, il film incede sulle coreografie di una battaglia fisica tutta giocata su colpi repentini e movimenti sinuosi, che la mdp riesce a catturare in tutta la loro eleganza, mettendo in mostra doti straordinarie che l’ottimo attore (ma pure, se non soprattutto, professionista in arti marziali) Donnie Yen riesce ad esaltare con un atteggiamento compito, sottotono, ma pronto a stupirci con repentine mosse che appaiono più una danza che un combattimento micidiale in grado di mettere a terra sino ad un gruppo di oltre dieci persone.

La regia efficace di uno specialista dell’action hongkonghese come Wilson Yip esalta i momenti di azione, senza dimenticarsi, coerentemente, del complesso contesto politico sociale di un periodo drammatico e bellicoso che ha comportato una sanguinosa guerra quasi fratricida, come sempre a maggior danno della popolazione più debole e povera.

 

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