Regia di Rúnar Rúnarsson vedi scheda film
Un bidello islandese va in pensione. Nemmeno il tempo di tentare (invano) il suicidio per l'incapacità di accettare l'inutilità delle sue giornate, che a riempire tale vuoto ci pensa una tragedia: un infarto che lascia la moglie in stato di semivegetale.
Quella di Volcano è una storia giusta da raccontare in tempi come questi, di età media che si allunga e di prospettiva di vita sana (autosufficiente) che si accorcia; ciò che davvero non va è la risoluzione sbrigativa e bizzarramente leggera che adotta la sceneggiatura del pur encomiabile esordiente (in lungometraggio, dopo una serie di corti) Runar Runarsson. Non si può accettare in silenzio che una persona cara viva da morta al nostro fianco, giorno dopo giorno (il discorso di Amour, che Haneke girerà l'anno successivo); allo stesso modo non si può accettare in silenzio che un film plausibile e concreto, che racconta una storia cruda e vera, improvvisamente si risolva in 'lieto fine' (finale agrodolce, diciamo) grazie a un gesto estemporaneo e maldestro che nella realtà non potrebbe ovviamente passare inosservato in alcun modo, e che il protagonista giunga di nuovo ad abbracciare la vita in maniera spensierata come la sequenza conclusiva lascia intendere. In ogni caso l'eutanasia è un argomento fondamentale da mettere in scena, da portare sullo schermo e su cui fare riflettere il pubblico: complimenti perciò a Runarsson e ai suoi interpreti (Audur Drauma Bachmann, Kristin Davidsdottir, Benedikt Erlingsson, Elma Lisa Gunnarsdottir), tutti preparati e comprensibilmente tutti anonimi per l'audience internazionale; presentato senza successo a Cannes, Volcano mieterà però premi attorno al mondo. 5/10.
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