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Aftershock

Regia di Xiaogang Feng vedi scheda film

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La recensione su Aftershock

di OGM
8 stelle

Ci sono storie che nascono da incontri casuali. E ce ne sono altre che, invece, scaturiscono da traumatiche separazioni. Perdersi di vista è un modo per incamminarsi verso un destino diverso ed inatteso, eternamente segnato dalla nostalgia, dal ricordo, ma anche dalla voglia di rinascita. È una maniera per entrare definitivamente nella poesia del rimpianto, nella devozione della memoria, nella religiosità della speranza. Il sogno di ritrovare le persone che ci hanno lasciato condiziona liricamente l’esistenza quotidiana, conferendole un accento doloroso, ma solennemente importante. Nella notte tra il 27 ed il 28 luglio del 1976, la città cinese di Tangshan viene distrutta da un devastante terremoto – il più rovinoso del XX secolo - costato la vita a più di duecentomila persone.  Sotto le macerie rimane, come il padre Fang Deng, anche la piccola Da Qiang. Almeno così crede la madre Yuan Ni, che, posta di fronte ad un drammatico aut aut, ha dovuto sacrificarla per salvare l’altro suo figlio, Fang Da, che, comunque, resterà per sempre privo di un braccio. La piccola, ritenuta morta dai soccorritori, in realtà sopravviverà, ma dimenticherà la propria identità ed il proprio passato. Verrà adottata da una coppia di militari, che la chiameranno Wang Fan, un nome che lei deciderà di cambiare in Wang Deng.  Tutto il resto è una storia di abbandoni, incomprensioni, solitudine: momenti di attrito, di svolta, di rinuncia che ripropongono, ad intervalli regolari, quel moto dirompente da cui tutto ha avuto origine. Aftershock è il termine inglese che indica  le scosse di assestamento, quei ripetuti sussulti della terra ferita che si dibatte nella disperata ricerca dell’equilibrio perduto.  L’enorme quantità di energia liberata continua a circolare nel mondo, ad agitare le coscienze, condensandosi in zelo o in ribellione, in fede o in rabbia. Yuan Ni vive della chimera di rimettersi in contatto con le anime dei suoi defunti, e dell’impegno di assistere il figlio per assicurargli un futuro migliore, con una professione intellettuale che lo riscatti dal suo handicap fisico; Fang Da, per contro, preferisce imboccare la via della fuga, dell’allontanamento da un luogo segnato dal lutto, per viaggiare, diventare totalmente autonomo e ricominciare daccapo. L’iniziale disgregazione ne chiama, nel tempo, tante altre, che sono tutte scelte difficili, ma sono sempre distacchi operati in nome della vita: un principio che l’esperienza della morte scolpisce indelebilmente nel cuore, ponendo l’Amore al di sopra di ogni cosa, e di ogni altro legame terreno. Come Fang Da, anche sua sorella Da Qiang dovrà dire addio a qualcuno per poter avere un figlio, per potersi sposare, e, infine, per poter rispondere al richiamo di un’umanità sofferente. Andare via per inseguire la propria vocazione è un modo per ritornare indietro e ritrovare, all’occorrenza, il capo di un’esistenza spezzata.

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