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Contagion

Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film

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La recensione su Contagion

di ROTOTOM
6 stelle

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, l’ultimo film di Soderbergh è una simulazione virtuale di un contagio globale proposto in chiave narrativa. Qualcosa di simile alla Sars o all’h1n1 si scatena negli Usa a partire da un volo aereo in arrivo da Hong Kong. Il racconto freddo e geometrico rinchiude i suoi protagonisti all’interno del loro micromondo infettato da un agente esterno, invisibile e letale. In tema di globalizzazione e paura terroristica, Contagion è un film molto attuale modellandone la metafora come motore del film. La società terrorizzata dal contatto altrui è costretta a convivere con una globalizzazione che comprende anche le malattie mortali, mentre la rapidità di diffusione del virus clona idealmente la rete informatica che permette di raggiungere chiunque nel mondo. Per questo Contagion è anche un film estremamente furbo. I famosi sei gradi di separazione sono ormai superati dai nodi della rete, quindi può succedere che da un luogo asiatico si possa raggiungere tutto il mondo in pochi giorni portando con sé una bomba biologica e infettando in crescendo logaritmico un numero illimitato di persone. Il social network diventa il social disease, un virus che non lascia scampo alla popolazione inerme mentre l’Oms tenta di capire da dove provenga e perché. Un blogger, Jude Law, tenta di fare soldi confondendo le acque. Matt Damon marito e padre vede morire prima sua moglie, Gwyneth Paltrow, che l’ha appena tradito e il figlio. Kate Winslet indaga insieme a Laurence Fishburne.  Nessuno spicca in modo particolare, imbrigliati in una così chirurgica messa in scena sempre un po’ fine a se stessa, come caratteristica di Soderbergh e poco rimane impresso sia a livello emotivo che artistico. Lo sguardo del regista tiene fuori l’empatia con le vittime concentrandosi sulla cronaca, così facendo tiene lontano anche gli spettatori. Nonostante la scansione militaresca delle scene, fredde e asettiche, non tutto funziona. Amore, pandemia, thrilling e spionaggio. Tanta carne al fuoco da gestire, così qualche personaggio risulta di troppo – inutile la Cotillard come spesso le succede -  e la costruzione geometrica della storia che ritorna al Giorno Uno dell’infezione per conoscere la causa scatenante del virus, è una trovata utile ai fini della chiusura del film ma anche una sovrascrittura troppo esplicativa e deviata dall’impronta realistica data fino a quel punto. Un po’ di retorica, un po’ di buonismo e un finale che allude ad una sorta di punizione divina, anche se non dichiaratamente espressa, verso la moglie fedifraga rea di essere divenuta veicolo di contagio. Il problema degli americani è che qualsiasi cosa succeda loro, devono riuscire a dare la colpa a qualcuno. In ogni caso è un film che si lascia vedere, pronto per un passaggio in tv in prima serata. Astenersi ipocondriaci.

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