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Contagion

Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film

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La recensione su Contagion

di mc 5
10 stelle

Film coraggioso, che non si preoccupa della sua rigorosa asciuttezza, del suo impianto spesso freddamente cronachistico. Ed è proprio questo stile che diventa cifra primaria del film, ciò che lo rende autorevole, e grazie a cui si impone ad un pubblico che di tale asciutto rigore diviene prigioniero per 105 minuti di dramma appassionante. Pellicola talmente secca e martellante da non concedere tregua allo spettatore, inchiodandolo alla poltrona (in sala non volava una mosca!). Il titolo dice quasi tutto, e annuncia quale sarà il tema: l'ipotesi di un contagio globale che coinvolge quattro continenti, con tutti gli annessi e connessi che si possono intuire. La resa drammatica di ciò che ci viene mostrato è elevatissima, la potenza emotiva che le immagini evocano è pazzesca. Lo spettatore, respira, incalzato dal precipitare degli eventi, un clima da disaster-movie, da film catastrofico, ma in una versione in cui gli eventi disastrosi si riflettono sui rapporti umani, condizionandoli pesantemente, incupendo le personalità degli uomini. Ma qui il disastro non ha bisogno di effetti speciali, niente grattacieli che crollano o metropoli ibernate. No. Qui ci vengono mostrate immagini che assumono valenza ben più drammatica, perchè noi spettatori conosciamo bene ciò di cui si parla. Sappiamo perfettamente che in una civiltà globalizzata come quella attuale, in cui uomini e merci si spostano in tempi velocissimi, basta davvero poco perchè un maledetto virus mortale si possa propagare da un capo all'altro del globo. L'aviaria, la suina ed altri virus analoghi, occupavano fino a poco tempo fa le prime pagine dei quotidiani, seminando ovunque timori ed ansie. Poi si sa come vanno queste cose. Trovato un rimedio, o meglio posta apparentemente la situazione sotto controllo, "notizia scaccia notizia" e nessuno di noi ci pensa più. Eppure il pericolo di un nuovo virus globale è sempre dietro l'angolo e, non per fare il menagramo, ma è fatale che prima o poi il problema salterà fuori di nuovo. Ed è anche comprensibile, perchè certe combinazioni che possono verificarsi in alcune specie animali, noi umani non siamo in grado di poterle controllare in assoluto. E a quel punto basta un niente. Basta che in un ristorante di Hong Kong un pollo infetto venga consumato, e quelle persone abbiano contatto fisico con altre, le quali si spostano in Europa o in USA, ed ecco che un nuovo pericolo globale è servito in tavola. Questo film ha diversi pregi. Innanzitutto non cavalca il terrore, non sfrutta spettacolarmente la paura di qualcosa di realmente possibile. Anzi, il tema viene affrontato con profonda umanità in ogni suo risvolto, indagando su personaggi i cui contorni sono definiti dallo sceneggiatore Scott Burns con grande sensibilità e rispetto. E poi altro merito è quello di segnalarci che la soglia di attenzione verso questo tema dovrebbe rimanere costante, al di là del rilievo occupato sui giornali. Si parla spesso di allarme terrorismo, ma io ritengo che la preoccupazione per questa minaccia sia molto più seria e reale, con una nuova aviaria che potrebbe da un giorno all'altro esploderci tra le mani. Ma...e se non si trovasse un vaccino affidabile in concomitanza col dilagare del virus? Questa è proprio la situazione affrontata nel film: l'ipotesi peggiore, il disastro. E se questa tragica possibilità si verificasse, i nostri comportamenti quotidiani ne subirebbero cambiamenti radicali, come quelli che si vedono nel film, a partire da quelli più intuibili, tipo assalti ai supermercati oppure risse tra gente che si litiga qualche residua scorta di vaccino. Scenari desolanti che richiamano il lato peggiore degli uomini. Ma poi, oltre ai poveri cristi, ci sono coloro che stanno "ai piani alti", quelli che devono prendere decisioni (autorità di Governo, Organizzazioni sanitarie etc). E qui i cittadini non sapranno mai la verità sugli accordi tra costoro e le grosse aziende farmaceutiche, con gli inevitabili contratti legati ad enormi profitti. E a questo proposito va segnalato un bellissimo e intrigante personaggio impersonato da Jude Law (un motivo in più per lodare lo sceneggiatore). Law interpreta (una delle sue performance migliori) una sorta di Beppe Grillo, un blogger che aizza attraverso internet la popolazione contro i papaveri dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità, accusata di speculare in combutta con le lobby farmaceutiche. Costui acquisisce rapidamente vasto consenso popolare, facendo leva sul malumore e la depressione di una popolazione sfinita dalla tragedia. Ma ci sarà nel film un colpo di scena che ci suggerirà di non fermarci mai alla prima impressione, benchè spesso quella più suggestiva e convincente. Questo film è però anche un poderoso omaggio a quegli scienziati che si sacrificano con passione estrema alla causa della ricerca di una soluzione che possa contrastare il virus. Un sincero tributo a medici e ricercatori che esistono davvero, per fortuna, nella realtà. Ma tanti altri sarebbero gli spunti riflessivi offerti dalla visione del film. Per esempio il rapporto (qui sviscerato) tra l'uomo e la malattia...oppure tra l'uomo e la morte (tema quest'ultimo che -complice anche la partecipazione di un ottimo Matt Damon- ci riconduce al capolavoro di Eastwood "Hereafter"). Da segnalare inoltre un commento sonoro raggelante, fatto spesso solo di battiti elettronici. E c'è un'altra cosa che va sottolineata con evidenza: Soderbergh, pur alle prese con una vicenda drammatica costruita sul dolore, ha saputo aggirare un pericolo che era dietro l'angolo, quello del patetismo e del ricatto sentimentale (perfino nella storia più a rischio in questo senso -quella di Damon vedovo e con una giovanissima figlia- il tutto è gestito in modo toccante ma senza mai cedere alla scorciatoia del "ricatto"). Altro punto a favore sono i dialoghi, spesso stringati ma comunque sempre sostenuti ed incalzanti. E cito come esempio il brillante e serrato scambio di battute tra Law e Fishburne in uno studio televisivo. Per chi come il sottoscritto predilige un cinema d'attori, questo film rappresenta un autentico delirio. Stavolta la formula "cast stellare" è veramente giustificata. Soderbergh ha potuto praticamente contare su ciò che di meglio oggi Hollywood può offrire in fatto di qualità professionale. Ma attenzione: qui nessuno gigioneggia o diveggia. Nessuna parata di star. Si ha cioè la netta impressione che ogni attore sia motivato e consapevole di essere parte di un importante progetto corale. E vediamole da vicino, allora, queste star. MATT DAMON. Sempre più bravo. Ne è passato di tempo da quando sembrava solo un bamboccione un pò "bloccato". MARION COTILLARD. Semplicemente divina. LAURENCE FISHBURNE. Attore a mio avviso da sempre sottovalutato. Io lo trovo di un talento raffinato e mostruoso. GWINETH PALTROW. Bravissima attrice anche se forse un pò discontinua (dipende però anche da certi copioni sbagliati). Qui comunque è ineccepibile. KATE WINSLET. Ad ogni nuovo ruolo, sempre più intensa e sensibile. Magnifica. JUDE LAW. Forse il migliore in scena, favorito dal personaggio più interessante e problematico dell'intera opera. ELLIOTT GOULD. Solo un piccolo cammeo, ma il caro vecchio Elliott come si fa a non citarlo?. E vorrei dedicare le note conclusive a quel "mago" di Steven Soderbergh, regista da sempre controverso. C'è chi afferma che la sua conclamata versatilità non è affatto garanzia di qualità. I suoi detrattori infatti lo giudicano come uno che è in grado di fare di tutto, ma ogni cosa in modo piuttosto approssimativo. Io, da sempre suo fan, la penso esattamente all'opposto. Difficile trovare un cineasta contemporaneo in grado di sfornare, con la medesima intensità e cura professionale, pellicole così diverse. Dai brillanti e spettacolari prodotti commerciali (Ocean's Eleven) alla rigorosa doppia biografia su Che Guevara, passando per sorprese indefinibili come "Bubble". Ormai quest'ometto con quella facciotta un pò da nerd saputello, si è espresso con determinazione in ogni territorio del Cinema. Gli manca solo una cosa, che però immagino non tarderà molto: il suo capolavoro. Un film, questo, tremendamente moderno ma realizzato utilizzando una formula popolare e classica. Non tutti i registi se lo possono permettere.
Voto: 10

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