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Professione assassino. The Mechanic

Regia di Simon West vedi scheda film

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La recensione su Professione assassino. The Mechanic

di mc 5
6 stelle

Ed eccoci arrivati, dopo una stagione estiva in cui Maghetti e Supereroi hanno garantito la pagnotta agli esercenti ma hanno di fatto ammazzato tutto il restante cinema, eccoci dunque arrivati al momento della "ripartenza". Personalmente, ho un problema col quale non intendo tediare nessuno e perciò non ne darò conto, ma sta di fatto che pellicole a lungo attese tipo "This is England" almeno per ora non mi sarà possibile vederle, per cui mi devo arrangiare con ciò che offrono le multisale. Ma anche qui necessita una scrematura, e quindi escluderò a priori le baracconate del tipo "Lanterna Verde". In sostanza, mi muoverò nei territori del "meno peggio". Guidato da tali poco nobili principi, mi sono imbattuto in un bell'action che prometteva d'essere tutto d'un pezzo. E, una volta tanto, le promesse sono state mantenute in pieno. Anzi, forse siamo perfino sopra la media in ambito di "thriller muscolari". Quando capita (e capita!) che anche il più spocchioso dei cinefili avverte l'urgenza di "staccare il cervello", un buon action vecchia maniera è esattamente quel che ci vuole. E poi qui c'era il marchio di garanzia: il faccione di marmo di Jason Statham...perchè lui è a mio avviso oggi il vero emblema di questo genere di cinema, o per lo meno il più credibile. Gli altri eroi dal bicipite gonfio e dal vocabolario ristretto (Stallone, Segal, Van Damme) sono tutti bolliti, hanno certe facce da pesci lessi...mentre Jason, a parte il fisico in gran forma, ha ancora intatta tutta la sua faccia da campione, la faccia di uno che fa il figo senza essere ridicolo, probabilmente perchè più sobrio e misurato di certi suoi colleghi che sembrano ormai statue del museo delle cere. Naturalmente il film è stato quasi ignorato dai critici oppure trattato con disprezzo. Nessuna sorpresa, non è che mi aspettassi qualche attenzione particolare, il genere action siamo abituati a vederlo relegato in uno spazio minore...eppure poteva esser fatto un discorso che rilevasse come in realtà questo è un action-thriller che (pur senza attribuirgli pretese che non ha) si discosta per alcuni aspetti dai consueti luoghi comuni. Diciamo che l'opera ha come fulcro i temi universali della redenzione e della vendetta, proiettati sul rapporto ambiguo e mai chiaro che intercorre tra i due protagonisti. Questo processo di introspezione psicologica, pur di superficie come ci si può aspettare da un action movie, rende la visione interessante. E non si creda che ciò vada a scapito dell'azione, la quale, soprattutto nella nella fase finale, dilaga con forza dirompente. Ho voluto sottolineare questo aspetto di attenzione alle psicologie dei protagonisti per segnalare che, in questo ambito, il film è molto meno tamarro del solito. La prima parte della pellicola si svolge a New Orleans (Louisiana), per poi spostarsi a Chicago. Protagonista è Arthur Bishop, killer mercenario estremamente preciso ed efficiente, che si ritrova a dover sopprimere un suo grande amico il cui destino sarebbe stato comunque segnato. Un caso curioso e spietato vuole che Bishop si trovi ad addestrare proprio il figlio dell'amico ucciso, il quale si pone come missione primaria ovviamente quella di vendicare il padre. Tra i due si instaura uno strano rapporto, una singolare amicizia, sempre mantenuta sul filo del sospetto e dell'ambiguità. I due, insieme, affronteranno un'organizzazione criminale, gestita da delinquenti in doppiopetto, anche se il vero rendez-vous finale sarà quello tra i due protagonisti che scopriranno finalmente ciascuno le proprie carte. Due dettagli tecnici interessanti. Il film è il remake dell'opera omonima interpretata da Charles Bronson nel 1972 (e che io non ho mai visto). E poi la colonna sonora, curata da un musicista veterano di Hollywood come il bravo Mark Isham. "Professione assassino" si presenta due parti. Nella prima si delineano i caratteri dei due principali personaggi e viene puntato l'obbiettivo sul delicato ed incompiuto rapporto che s'instaura tra i due uomini, per poi virare decisamente sull'azione classica imboccando una strada che ci condurrà verso un fragoroso finale. In realtà si tratta di un rocambolesco doppio finale, che si consuma in un tripudio di veicoli distrutti, incendi, esplosioni e lamiere contorte. Qualità del film è quella di essere molto asciutto e privo di fronzoli o divagazioni. Certo, i due attori protagonisti non avrebbero potuto essere più diversi: uno statico, granitico, laconico...l'altro un campione di "overacting". Ma è da questo voluto contrasto che scaturisce forse il principale motivo d'interesse del film. Ho particolarmente apprezzato il commento sonoro della prima parte, in cui ascoltiamo stupendi cenni di blues di New Orleans, certi riff di chitarra da pelle d'oca...C'è poi un aspetto, forse curioso, che ha colpito la mia inclinazione di cinefilo sempre attento ai nuovi volti di attori, specie se caratteristi...Ci sono infatti due o tre attori "secondari" (in particolare un killer corpulento che si diletta con cagnolini e giovani gay e poi un santone obeso in odore di pedofilia) che possiedono facce incredibili, si tratta di caratteristi dai volti che non si dimenticano facilmente. E visto che si sta parlando di scelte di casting, concludiamo proprio con qualche cenno sui protagonisti. Donald Sutherland è straordinario. Perfino in un piccolo ruolo come questo riesce a piazzare la sua zampata leonina. Eviterò di richiamare il suo immenso passato (quel Casanova di Fellini, dio che meraviglia!!) e mi limiterò ad affermare, banalmente, che Sutherland, invecchiando, non perde affatto smalto. Anzi, diciamo che con quegli occhi vividi incorniciati tra capelli e barba canuti, egli sembra aver acquisito un carisma ancor più speciale. Ben Foster è quello di sempre. Un attore forse non abbastanza versatile, che ha bisogno di ruoli che si adattino a quella sua immagine di tipetto agitato e irrequieto; diciamo che questo suo stile nervoso suggerisce spesso l'idea di una tendenza all'overacting, e questo per un attore può rappresentare a lungo andare un limite pericoloso. Jason Statham ormai abbiamo imparato a conoscerlo. Bisogna prenderlo per quello che è: un attore nato per interpretare sempre e soltanto lo stesso ruolo, quello del killer solitario, però riconoscendogli che quell'unico personaggio è il migliore sulla piazza a saperlo mettere in scena. Concludendo. E' un film di cui molto presto non resterà alcuna traccia. Però è un action sufficientemente godibile e meno superficiale e meno rozzo del solito. Ci si può accontentare.
Voto: 7

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