Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Un Avati un po' troppo acido, per i miei gusti.
Mi era sempre sfuggito per tutti questi anni... un film di un regista che amo e che seguo. Tuttavia, non resterà tra i miei preferiti di Avati.
Direi che è girato bene, in modo fluido, senza salti e senza buchi. Gli attori sono bravi, soprattutto il solito unico Gianni Cavina (dipartitosi tre anni fa, purtroppo) e Andrea Roncato. Chi l'avrebbe mai detto che ques'attore comico, che non mi ha mai fatto troppo ridere, sarebbe stato così bravo in un ruolo serio e drammatico. Devo pensare che si sia intestardito su una strada che non è la sua, e sarebbe stato meglio per lui recitare in film drammatici fin dall'inizio? È anche difficile arguire perché compaia come “partecipazione” e non come attore di ruolo vero e proprio, quando ha una parte per niente piccola e secondaria. Quello che mi ha convinto di meno, è proprio Cremonini, che gioca un po' troppo a fare il topolino furbo.
Fin qui, dunque ci siamo (regia, interpretazioni, dialoghi). Quello che mi ha convinto di meno è il gioco, un po' scoperto, che fa Avati nel corso del film: affilare via via la lama del cinismo e del pessimismo sui rapporti tra i sessi, fino ai due fendenti finali (la scenetta all'albergo e il telegramma). Nel primo caso, per poter sferrare un colpo il più letale possibile ad ogni idea di fedeltà, anche quella breve, retta dal bollore degli impulsi, finisce per tirare troppo la corda della verosimiglianza. Se è vero, infatti, che i vizi sono duri a morire, non è verosimile, secondo me, che l'uomo faccia una improvvisata del genere in un momento come quello. Quanto a ciò che avviene dopo il telegramma, diciamo che è ancora un calcio tirato a quel poco di serio, di prezioso e di sincero che rimaneva.
Puti Avati ha sempre rappresentato l'amore con un fondo di amarezza, di pessimismo, di disincanto, punti di vista che apprezzo e rispetto, ma trovo che qui abbia voluto affondare il coltello più del dovuto. Alla fine, l'unica a salvarsi in qualche modo è la sposa interpretata da Micaela Ramazzotti (ma chissà per quanto tempo...) . Tutti gli altri razzolano nel fango: vecchi arrapati, zitelle senza speranza, prostitute e i rispettivi avventori, la ragazzona che non ha le mestruazioni, preti burocrati, fascistelli un po' patetici, e il matrimonio trattato come oggetto di baratto e comunque solo per la facciata, perché poi ognuno si continua a fare la sua vita al di fuori...
Mi è mancata quella dolce malinconia e quel finale a denti stretti di altri film del regista bolognese, a causa di questo cinismo un po' programmatico e studiato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta