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Carnage

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su Carnage

di M Valdemar
8 stelle

Nell’appartamento-cervello ci s’arrovella nell’ansiogeno apparire “figuranti” perbene, moralmente irreprensibili, responsabili moralizzatori, d’armoniose liturgie foraggiatori. Strutturalmente e convenzionalmente portatori (in)sani della “buona educazione” e dei buoni valori dalla buona società accettati. D’accetta altoborghese ferire, nell’accerchiamento benpensante soffocare.

Pensieri ragionevoli e ragionevolmente coscienziosi, consci conservatori di virtù e sacralità, s’affollano aff(r)ettati nella testa e nella mente: un fatto increscioso è accaduto, va risolto, le norme della civiltà e della civile convivenza vanno rispettate e fatte rispettare. Impulsi elettrici nervosi, benintenzionati e provenienti da avverse direzioni, nel vano cerebrale s’incontrano, “amoreggiano” e, armati del misericordioso bastone del quietistico buonsenso, inscenano la rappresentazione vacua del conformismo, dell’uniformarsi all’unisono alle linde, (im)perfette pareti di liberali mattoni faccia a vista. A vista reputazione. Ingranaggi molli e attivipassivi di un imbellettato sistema fluttuante nel sopore dell’opportunistico urbano sopravvivere. Criceti che fanno girare la ruota del consumismo.

Ma … ecco, forze misteriose e s(t)e(r)minatrici di (re)pulsioni (dis)funzionali, d’imprigionante magnetismo, svelano la natura antropofaga, del dog eat dog, degli individui, in un’infettante “gara” al becero individualismo: Io ho ragione; Io sono meglio di te. Io.

A chi frega degli altri?

Liberatoria è l’indifferenza, finalmente imperante; svanita, esplosa ogni deferenza.

La maschera è tolta, fluidi organici ribollono e sprigionano nevrosi e psicosi, disturbi del comportamento e turbe intestinali: vomiti che (tra)sfigurano ostentazioni di superiorità intellettual-culturale, una borsetta scagliata col livore della frustrazione, un telefonino gettato nel vaso dei tulipani ed eclissatosi nel gorgo dell’immiserimento barbaro. Piccoli gesti, ingestibili e indigestiti, che riducono a brandelli i segni della nobile e agognata appartenenza alla bella gente, the beautiful people (It's all relative to the size of your steeple).
Dai rovelli alle rivoltelle, verbali e verbose, sparate in un esaltato e ininterrotto rivoltare costumi e costrizioni sociali. Che fanno la fine che “meritano“: beatamente e beotamente affogate nel whisky, esalate nei vapori riottosi della mistificazione collettiva, i cui riverberi impos(i)tori ammorbano animi già infestati, masse cerebrali già mutate in deformi ammassi gelatinosi.

L’organicità dello scompartimento-appartamento si rivela in tutta la sua marcescenza. Putridi eravamo e putridi resteremo.

Servito (e riverito) da un cast in stato di stupefacente e alterata grazia, in cui vien “facile” adorare il bastardo Waltz, e avvalendosi di potenti e rigorosi “umori” beffardi e sagaci, Polanski, il sentenziato, sentenzia l’inganno dell’American way of life, del suo ergersi/imporsi a unica vi(t)a possibile. Impossibile resistere alla precisione chirurgica del regista vittima-giustiziere.

Pronti per il massacro?

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