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Take Shelter

Regia di Jeff Nichols vedi scheda film

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La recensione su Take Shelter

di giancarlo visitilli
8 stelle

Visionario, inquietante, paranoico, ossessivo. Geniale. Con queste caratteristiche lo straordinario regista Jeff Nichols ricostruisce l’ossessione di Curtis La Forche (interpretato da un eccellente Michael Shannon), un operaio che vive ad Elyria, nell’Ohio, con sua moglie Samantha (Jessica Chastain) e la loro figlioletta non udente Hannah. Curtis comincia a manifestare i segni di una forma di disordine psicotico. Attraverso stati che vanno dalla paranoia, incubi, passando per attacchi di panico, l’uomo trova la forza e il coraggio, che trae spunto dalla sua ossessione, per riadattare un vecchio rifugio anti-tornado, nel giardino della sua casa. L’uomo è convinto che i suoi sogni siano  premonitori di eventi catastrofici, con conseguenze non solo per i suoi cari ma per l’intera popolazione. I sintomi, fra realtà e finzione, in realtà, cominceranno a palesarsi come reali, tali da condurre Curtis sull’orlo del baratro, nel vuoto che lo riporta alla sua infanzia, legata ad alcuni eventi traumatici che coinvolsero sua madre.

Take shelter, costato 5 milioni di dollari, ha ricevuto tanti riconoscimenti internazionali, fra cui il Gran Premio della Settimana Internazionale della Critica, Premio SACD e Premio Fipresci al Festival di Cannes 2011.

Jeff Nichols utilizza ogni genere, più di tutti il thriller, per suggestionare con grande efficacia il pubblico presente in sala, attonito dinanzi allo schermo. I rimandi al cinema e alla letteratura (più di tutti Kafka) che al riguardo hanno raccontato tutto ciò sono rintracciabili, scena per scena: da Gli uccelli di Hitchcock, Beautiful mind, A serious man, fino a Magnolia. Con l’aggiunta di una importante e intelligentissima regia, capace di scavare fino all’inverosimile nelle profondità del disagio umano, dove fra anima e corpo si crea una commistione orrorifica, che va ben oltre l’inquietante, l’angoscia, fomentata da un portentoso ed efficace commento sonoro. Nichols opera come un chirurgo. Cerca di far cicatrizzare, ma senza riuscirci appieno, a causa della forza naturale della vita, le ferite post 11 settembre. Tant’è che il protagonista è colui che personifica la paura di non riuscire a proteggere i propri cari da eventi apocalittici. Non ci sono redentori, tantomeno rendenti. Tutti assorti, a vita, costretti alle pene della vita che angoscia e fa paura.

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