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Bad Teacher. Una cattiva maestra

Regia di Jake Kasdan vedi scheda film

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La recensione su Bad Teacher. Una cattiva maestra

di PompiereFI
4 stelle

Elizabeth parte in retromarcia a tutto gas, con un bolide prestigioso sotto al culo. Saluta i suoi allievi con un “adiòs, sfigati!”, e succhia i soldi al fidanzato che per questa ragione decide di lasciarla. La poverina, insegnante generica in una scuola media, è costretta a virare su di un’utilitaria. Ma la targa è sempre quella, recante le terga di Cameron Diaz. Eh sì, perché il film è tutto costruito intorno a (e per) lei; inquadrata di fronte, di lato, da sopra, da sotto e anche, piuttosto ovvio, da dietro, l’eroina prof-etica, poco prof e anche poco etica, si da’ da fare tra bottiglie di alcol e canne mentre inveisce contro la malasorte che non la vede ancora sposata con un milionario qualsiasi.

Inizia così “Bad teacher”, come un pallone da basket che ti si impatta sulla patta. Fa parecchio male perché tenta di far passare come divertente tutto ciò che è solo nevrotico, survoltato, sboccato. Non sa come far ridere senza ricorrere a novellette sciocche e a una turbativa che permea inesorabile lo schermo. Forzatamente politically incorrect, lascia alla Diaz alcune memorabili battute quali: “Non mi piace la passera”, “L’ho trovato a letto con un altro uomo”, “Se la faceva con sua sorella!”.

Perché, oltre a una sfilata di iellati, si è deciso che potevano starci bene anche le battutacce sui gay, i grassi, quelli con gli occhiali, gli handicappati, i timidi, i barboni e tutti coloro che non sono capaci di farsi competitivi con quel mondo di Barbie che, là fuori, sta accalappiando gli uomini più ricchi, ricorrendo al rigonfiamento mammario per avere la supremazia.

Diretta da un discendente di L. Kasdan (chissà come si sentirà orgoglione del lavoro del figlio), Cameron gira tra le aule truccatissima e lancia sguardi vogliosi, sorridendo con una bocca che fa concorrenza a quella di una cernia. Peccato che la carne non sia altrettanto pregiata e venga gettata in pasto a uno scellerato tentativo di rinverdire i fasti di “Tutti pazzi per Mary”; solo che qui il “gel” resta confinato dentro un paio di jeans, in una delle scene più passabili per merito di Justin Timberlake. Il ragazzo ci sa fare: dopo aver ben presenziato un set drammatico (“The Social Network”), si propone in versione timida e impacciata con una faccetta niente male. Speriamo che non si infili in un circolo vizioso di commedie brillanti poco brillanti, perché il suo futuro d’attore fino a qui sarebbe garantito.

Il racconto è mosso da una sceneggiatura scritta da un paio di Mister Cortecce Cerebrali (im)Bevute, le quali si fanno spazio soprattutto nella scena del “car wash”, tra finte erezioni di ragazzini e schiuma alla bocca di 70enni e poliziotti. Lo script, un diagramma di flusso composto da soli blocchi di I/O, non prevede excursus e rende lo svolgimento del film di una prevedibilità immane.

Nell’ultima mezz’ora (ma facciamo anche 28 minuti) si scopre che la stronzetta ha un cuore d’oro (chi l’avrebbe mai detto?), si redime e vede costrette le sue aspirazioni ad abbassarsi di molti livelli. E c’è di più: il posto come semplice insegnante non fa’ per lei. Avrà in premio una poltrona ancora più eccelsa. Perché per riuscire nella vita ci vuole molto cinismo. Imparata la lezione?

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