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Polisse

Regia di Maïwenn Le Besco vedi scheda film

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La recensione su Polisse

di Stuntman Miglio
10 stelle

Strepitoso capitolo di cinema contemporaneo nonché effettiva consacrazione di una nuova autrice a tutto tondo, "Polisse" è uno di quei film che ti entrano dentro senza troppi convenevoli, facendo brandelli anche di quell'ultimo barlume d'ingenuità che può esserti rimasto in fondo al cuore. Un'esperienza audiovisiva che non può lasciare illesi, che parla direttamente alla coscienza di ognuno imponendoci brutalmente di aprire gli occhi e di destarci da un ipocrita torpore. Lontanissimo dal benché minimo filtro benpensante e coraggioso come pochi hanno saputo essere nel recente passato, lo sguardo della giovane Maïwenn Le Besco è di una lucidità impressionante. Quasi miracolosa. La sua incursione nell'atroce quotidiano dell' unità di polizia a tutela dei minori nasce come una sorta di reportage condotto da un apparentemente distaccato alter ego: una taciturna fotografa in perenne stallo sentimentale che non ha la minima idea di quello che le sta per accadere. Un escamotage narrativo di notevole efficacia che facilita l'immedesimazione dello spettatore in uno dei personaggi chiave della vicenda. Lo stile del girato ricorda quindi il documentario d'assalto, con la macchina da presa che alterna sequenze a camera fissa ad altre più frenetiche e nervose. Sempre incollata sulle facce, insistente al limite dell'invasivo. Ma è una maschera, esattamente come quella che porta la giovane reporter per sembrare più competente agli occhi degli agenti che la circondano. Sotto di essa passione, amore ma anche orrore e disperazione. Cinema in tutto il suo splendore. Già, perché dopo un'efficace presentazione dei personaggi ed una volta entrati nel meccanismo narrativo di Maïwenn, "Polisse" muta ed evolve in un affresco corale, diventa un insieme di testimonianze turbate ed affannate che convergono in un unico corpo contaminato: quello della squadra per la protezione dei minori a Belleville. Sminuiti dalle gerarchie statali, soffocati dalle pressioni politiche, lontani dalle luci della ribalta, i poliziotti di questo nucleo speciale non possono far altro che approcciare il loro lavoro come una vera e propria missione di vita. Scombinati, instabili, difettosi soprattutto nella sfera intima e personale, trovano la loro ragione d'esistenza nella lotta ai crimini più efferati (pedofilia, stupro, sfruttamento della prostituzione) affrontando e testando quotidianamente l'involuzione più radicale e preoccupante dell'essere umano. Il campionario di nefandezze non ha praticamente fine e la cineasta francese decide di mostrarcele senza indorare in alcun modo la pillola, dando luogo a sequenze dall'alto contenuto drammatico che arrivano addirittura a lasciare increduli, esterrefatti. Lo spaccato di società che ne viene fuori è impietoso ed abbraccia non solo un'intera nazione ma un'idea d'umanità malata e corrotta destinata ad incancrenirsi sempre più. Religione, pregiudizi, deviazioni, violenza, psicosi di massa, tutto passa per lo script di Maïwenn ed i suoi personaggi, nonostante lottino con tutte le loro forze, subiscono e somatizzano nel senso peggiore del termine. Ne vengono annientati. Qualche speranza s'intravede: la nascita di un nuovo amore, amicizia, spirito di gruppo, solidarietà, dolcezza, musica. Gocce in un oceano di tristezza e rammarico ma sufficienti ad illuminare qua e là un film di feroce realismo che non fa prigionieri. Montato magistralmente e dotato di un ritmo incalzante, "Polisse" si concede il lusso di una durata consistente (134 min.) la quale però non incide minimamente sulla resa e sul potenziale della pellicola stessa che, invece, si arricchisce di momenti di vera e propria liberazione come quello dei bambini sul pullman, festanti dopo lo sfollamento di un campo nomadi o come quello dei festeggiamenti danzerini di Fred & Co. allo strip-club o ancora come durante alcuni interrogatori in cui l'ironia delle battute riesce a stemperare contesti quantomeno imbarazzanti. Giganteschi gli attori, tutti, nessuno escluso. Impegnati, convincenti, ciascuno portatore di un universo personale degno di essere raccontato, con menzione particolare per le soffertissime prove di Joeystarr e Marina Foïs. Il finale montato in parallelo è poi un'ulteriore dimostrazione d'intelligenza e sensibilità: ottimismo smorzato in tragedia. Guardandosi attentamente intorno, alla disincantata Maïwenn, non si può certo dar torto, né tantomeno biasimare alcunché.

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