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...E ora parliamo di Kevin

Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film

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La recensione su ...E ora parliamo di Kevin

di cheftony
5 stelle

E se non mi piacesse?”

Allora ti ci abituerai.”

Anche se ci abituiamo a qualcosa, non vuol dire che ci piaccia! Tu ti sei abituata a me.”

 

Eva Katchadourian (Tilda Swinton) si sveglia da un incubo non proprio nel migliore dei modi: casa e macchina sono state macchiate nottetempo con vernice rossa.

Ex-scrittrice alla deriva, Eva sta cercando un lavoro anche umile per riprendere in mano la propria vita, nonostante il peso del passato continui a farsi sentire, vuoi per l'ostracismo che sembra inopinatamente subire, vuoi per gli effetti che esso apporta al suo fisico e alla sua psiche.

Un tempo Eva aveva una famiglia molto agiata: sposata col pacioccone Franklin (John C. Reilly) e nel pieno della carriera, l'arrivo del figlio Kevin scombina i suoi piani; subentrano dunque un trasloco da New York alla periferia e un bambino che non riesce ad amare, fra stridii, dispetti, incidenti domestici e mancanza di comunicazione.

Qualche anno dopo nasce anche la piccola Celia, ma l'ambiente familiare sembra non riceverne alcun miglioramento: Kevin (Ezra Miller) cresce ed è ormai un sedicenne dall'aria ribelle come tanti, ma i pessimi riguardi verso la sorellina e la madre proseguono, uniti allo sgomento e alla paventazione di una qualche responsabilità da parte di quest'ultima.

Finché un giorno Kevin, sfruttando il suo amore per il tiro con l'arco, decide di commettere a scuola la definitiva atrocità...

 

 

Fedelmente tratto dall'omonimo romanzo di grande successo della scrittrice Lionel Shriver, edito nel 2003, We need to talk about Kevin” è stato accolto più che discretamente al Festival di Cannes del 2011. A livello puramente visivo, in effetti, ha un gran fascino, esercitato principalmente nella prima mezz'ora; la regista scozzese Lynne Ramsay (qui anche sceneggiatrice insieme al marito) è bravissima a dare un tocco autoriale alla forma, fra continue ellissi, simbolismi (le macchie rosse ricorrenti, come una colpa cucita addosso) e inquadrature ardite, ma alla lunga rischia di affogare nel proprio stile così presente e incisivo, quasi a voler nascondere che il film non andrà a parare da nessuna parte, ponendo mille interrogativi senza fornire molti spunti.

Laddove funziona l'indagine sul senso di colpa di una madre, unico personaggio eccellentemente caratterizzato, il conseguente rapporto madre-figlio che domina la scena negli ultimi quaranta minuti non è né controverso né difficile (se non in un paio di occasioni): è un'aperta contrapposizione, dove lo scotto da pagare per l'inadeguatezza ad un'amorevole maternità sembra sia l'avere un bambino così maligno da risultare ridicolo, soprattutto nel suo essere così subdolo da essere affettuoso col padre e ricattatorio con la madre già dalla tenera età. Il collegamento vorrebbe essere solo suggerito, un interrogativo, ma nell'economia del film, soprattutto prendendo in considerazione l'estrema piega presa dagli eventi, risulta quasi inaccettabilmente una tesi sostenuta con forza.

Non aiutano in tal senso alcune scene pesantemente implausibili e sovraccaricate, come quella della masturbazione di Kevin e quelle in cui si manifesta uno sprezzante odio sociale verso Eva.

 

 

Ammettendo, giustamente, che “We need to talk about Kevin” non sia un film realista per il taglio narrativo dato e per la caratterizzazione psicologica e interpersonale, c'è allora da dire che il gran minestrone di “what if?” conferisce furbamente un senso drammatico esasperato e “pilotato” che rende tutti colpevoli, dalla madre riluttante ad amare il proprio figlio al suddetto figlio malvagio quasi per natura, passando per il padre bonaccione ma assente e incapace di capire il disagio dentro le proprie mura domestiche.

Sul piano recitativo ci sono diverse cose da dire, giacché i dialoghi scarni necessitano di un bel supporto attoriale: purtroppo il buon John C. Reilly è penalizzato dal ruolo, mentre Ezra Miller è stato incensato all'inverosimile ma la sua prestazione è invero artificiosa nel dare vita ad un personaggio monocorde (non bastano certo la battuta finale o l'episodio dell'influenza del piccolo Kevin a dare una qualche sfumatura); è invece straordinaria la fragile e diafana Tilda Swinton, sulla cui performance si regge in buona parte il film.

La colonna sonora di Jonny Greenwood, efficacissimo negli ultimi lavori di Paul Thomas Anderson, risulta qui prevedibile alla terza volta che il contrappunto ad una scena di disagio risulta una canzoncina country spensierata, esercitando all'infinito un tema straniante che sa presto di stucchevole.

We need to talk about Kevin” è senz'altro un film coraggioso e senza compromessi, ma anche ricco di imperfezioni.

 

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