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Tatanka

Regia di Giuseppe Gagliardi vedi scheda film

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La recensione su Tatanka

di OGM
6 stelle

Lo scenario è quello di Gomorra. Con la provincia al posto della periferia. Con la stessa desolazione morale e materiale. Ma questa volta allo squallore manca davvero l’anima. La vicenda di Michele Mucerino da Marcianise, pugile di belle speranze finito nella rete della malavita, traccia il lento, impervio e doloroso percorso di un sogno che si interrompe tante volte, per poi faticosamente ricominciare daccapo. Eppure la durezza della vita si coglie solo nel segno esteriore della violenza; la sofferenza resta implicita nelle conseguenze degli eventi (la condanna al carcere, la perdita dell’amore, l’esilio forzato, l’approdo alla clandestinità), ma non riesce ad emergere dalle espressioni e dai gesti degli uomini che ne sono i portatori. Questo film è una cronaca che accompagna affettuosamente il protagonista nel suo travagliato cammino, però non riesce a diventare davvero partecipe del suo personale dramma. Grande è, da parte del regista, la volontà di seguire da vicino quel giovane dall’esistenza difficile e dalla ammirevole forza interiore, ma il ritratto rimane in superficie; è l’impronta di una lotta in cui si vedono i contorni della rabbia, ma in cui il sudore, le lacrime e il sangue sono solo effetti di scena. Il contesto non arriva mai a farsi tessuto vitale, né sistema politico, contrariamente a quanto avviene nell’opera di Roberto Saviano, il cui spirito affonda le radici in un’umanità che guarda sempre alla totalità del mondo, sia pur, magari, con il cuore carico di un deferente terrore. Nell’universo della camorra ci sono i potenti e i deboli, le vittime e i carnefici, i pavidi e gli eroi, ma Michele non riesce ad assumere, nemmeno temporaneamente, alcuno di questi ruoli: è una figura senza colpa né merito, sospesa tra il bene e il male, troppo concentrata sulle proprie ambizioni sportive per poter avere una posizione definita all’interno della società. Questo Tatanka non si sa chi sia, e non si riesce a comprenderlo, perché non ci sono spunti a cui appigliarsi per poter cercare di immedesimarsi in lui. Più che un personaggio in carne ed ossa, è l’icona astratta di una situazione, della tipica condizione in cui il disagio ostacola le aspirazioni individuali; e di questa offre un esempio eclatante, perché Michele è dotato di un eccezionale talento, e quindi tale da rendere il paradosso particolarmente tragico ed evidente. In definitiva, questo film è un’antologia di cose che ti succedono se sei straordinariamente bravo, però povero, privo di istruzione, e nato in un’area depressa e governata dalla criminalità. Queste sono, perlopiù, cose ben note, e non chiediamo che sia un film a raccontarcele. Ciò che invece ci aspettiamo, da una storia come quella di Tatanka, è poter vedere quello che i giornali e le televisioni non arrivano a documentare: ossia il tormento che si prova a starci dentro da protagonista, senza avere i mezzi per poter prendere in mano il proprio destino. Purtroppo non ci è dato modo di intuire i pensieri e le emozioni,  che, istante per istante, si affollano nella mente e nell’animo di Michele. Poterli almeno vagamente immaginare, sulla base di qualche timido spunto che parli di sentimenti o accenni una riflessione, avrebbe dato a Tatanka la dignità letteraria di ciò che, forse, questo film effettivamente ambiva ad essere: una cruda epica della sfortuna, in cui il coraggio magari conta poco, ma la determinazione è tutto.   

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