Regia di Dario Baldi vedi scheda film
Il cinema italiano ha una lunga tradizione di viaggi stralunati nelle più svariate parti del mondo, alla ricerca di parenti, amici, creditori, commercialisti, amanti, la "caccia all'uomo" è quasi un sottogenere a parte, da "Riusciranno i nostri eroi" a "Il gaucho" Si riallaccia a questa tendenza, ma con una veduta più disincantata e attuale, questo gradevolissimo film di Dario Baldi. Piacevole, gradevole sono i termini giusti per definirlo, perché davvero scorre via liscio e sicuro, la trama è ottimamente costruita, i personaggi sono ben definiti e ottimamente recitati, non di capolavoro si tratta, ma offre un centinaio di minuti scacciapensieri, che è quello che una commedia brillante italiana nel periodo pasquale (evitiamo di chiamarla "cineuovo" please) dovrebbe offrire agli spettatori.
Di Brignano e Pannofino già tutti sanno la bravura, Brignano forse dovrebbe osare di più, tende a ripetere il suo personaggio che qui sembra lo stesso di Sharm El Sheik (e poi la cantatina in romanesco era proprio indispensabile?). La rivelazione è la bella e brava, in questo caso non è banale dirlo, Aurora Cossio, che ha studiato e costruito in stile strasberghiano il suo personaggio, la "guapita" la "chichita", la giovanetta cubana nata e cresciuta tra grandi habitaciones dove si vive, si dorme, si mangia e si guarda la telenovela tutti insieme, dove le guapitas indossano da mane a sera una sorta di divisa, maglietta, calzoncini e scarpe alte, la ragazza cresciuta in fretta, smaliziata ma non incattivita, anzi romantica e a suo modo con delle ingenuità, degli infantilismi. Si vede il personaggio, non si vede l'interprete, che è il massimo del "lavoro dell'attore sul personaggio". Ottimo lavoro anche da parte di Grazia Schiavo, che interpreta una svampitissima ( il dubbio sul personaggio rimane sino all'ultimo: ci è o ci fa? ) fidanzata che cerca il suo "novio" e Isabelle Adriani, che rifacendosi dichiaratamente a "Occhi di gatto" ma anche forse a Catwoman e a Satanik, interpreta un personaggio collaterale assai divertente e bizzarro.
Sulla trama preferisco non anticipare nulla, essendo complessa e ricca di colpi di scena, tutta da gustare. Una nota sulla particolare fotografia di Vittorio Omodei Zorini: come il linguaggio parlato si evolve negli anni e già leggere Gadda e Pasolini oggi inizia ad essere difficoltoso come leggere il Ruzante, così si evolve il linguaggio cinematografico, ed è giusto ricercare nuovi stili, andare oltre al campo e controcampo, alla zoomata,alla panoramica che appunto appartengono al passato, nello stesso tempo la sperimentazione di linguaggio presente in questo film, la mdp tenuta a mano che gira intorno agli attori che parlano è spesso fastidiosa e invadente, oltre a suggerire situazioni che poi non giungono. L'abilità del direttore della fotografia, un talento in nuce da coltivare, si rivela ironicamente proprio quando ferma la mdp e lavora, in stile Leone, sui volti degli attori, sulla loro fisicità e plasticità, e nel descrivere per immagini in maniera mirabile una Cuba lontana dalle luci e dai lustrini, buia e dai colori sbiaditi, con case diroccate e muri scrostati.
Se il cinema italiano brillante del futuro si muoverà in questa direzione, allontanandosi dai panettoni ma anche dagli architetti in crisi e dagli adolescenti petulanti, sarà forse l'inizio di una nuova stagione dorata.
http://mercuzio.leonardo.it
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