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Faccio un salto all'Avana

Regia di Dario Baldi vedi scheda film

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La recensione su Faccio un salto all'Avana

di anddaz
6 stelle

Il cinema italiano ha una lunga tradizione di viaggi stralunati nelle più svariate parti del mondo, alla ricerca di parenti, amici, creditori, commercialisti, amanti, la "caccia all'uomo" è quasi un sottogenere a parte, da "Riusciranno i nostri eroi" a "Il gaucho" Si riallaccia a questa tendenza, ma con una veduta più disincantata e attuale, questo gradevolissimo film di Dario Baldi. Piacevole, gradevole sono i termini giusti per definirlo, perché davvero scorre via liscio e sicuro, la trama è ottimamente costruita, i personaggi sono ben definiti e ottimamente recitati, non di capolavoro si tratta, ma offre un centinaio di minuti scacciapensieri, che è quello che una commedia brillante italiana nel periodo pasquale (evitiamo di chiamarla "cineuovo" please) dovrebbe offrire agli spettatori. 

Di Brignano e Pannofino già tutti sanno la bravura, Brignano forse dovrebbe osare di più, tende a ripetere il suo personaggio che qui sembra lo stesso di Sharm El Sheik (e poi la cantatina in romanesco era proprio indispensabile?). La rivelazione è la bella e brava, in questo caso non è banale dirlo, Aurora Cossio, che ha studiato e costruito in stile strasberghiano il suo personaggio, la "guapita" la "chichita", la giovanetta cubana nata e cresciuta tra grandi habitaciones dove si vive, si dorme, si mangia e si guarda la telenovela tutti insieme, dove le guapitas indossano da mane a sera una sorta di divisa, maglietta, calzoncini e scarpe alte, la ragazza cresciuta in fretta, smaliziata ma non incattivita, anzi romantica e a suo modo con delle ingenuità, degli infantilismi. Si vede il personaggio, non si vede l'interprete, che è il massimo del "lavoro dell'attore sul personaggio". Ottimo lavoro anche da parte di Grazia Schiavo, che interpreta una svampitissima ( il dubbio sul personaggio rimane sino all'ultimo: ci è o ci fa? ) fidanzata che cerca il suo "novio" e Isabelle Adriani, che rifacendosi dichiaratamente a "Occhi di gatto" ma anche forse a Catwoman e a Satanik, interpreta un personaggio collaterale assai divertente e bizzarro. 

Sulla trama preferisco non anticipare nulla, essendo complessa e ricca di colpi di scena, tutta da gustare. Una nota sulla particolare fotografia di Vittorio Omodei Zorini: come il linguaggio parlato si evolve negli anni e già leggere Gadda e Pasolini oggi inizia ad essere difficoltoso come leggere il Ruzante, così si evolve il linguaggio cinematografico, ed è giusto ricercare nuovi stili, andare oltre al campo e controcampo, alla zoomata,alla panoramica che appunto appartengono al passato, nello stesso tempo la sperimentazione di linguaggio presente in questo film, la mdp tenuta a mano che gira intorno agli attori che parlano è spesso fastidiosa e invadente, oltre a suggerire situazioni che poi non giungono. L'abilità del direttore della fotografia, un talento in nuce da coltivare, si rivela ironicamente proprio quando ferma la mdp e lavora, in stile Leone, sui volti degli attori, sulla loro fisicità e plasticità, e nel descrivere per immagini in maniera mirabile una Cuba lontana dalle luci e dai lustrini, buia e dai colori sbiaditi, con case diroccate e muri scrostati. 

Se il cinema italiano brillante del futuro si muoverà in questa direzione, allontanandosi dai panettoni ma anche dagli architetti in crisi e dagli adolescenti petulanti, sarà forse l'inizio di una nuova stagione dorata.  

http://mercuzio.leonardo.it

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