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Giorni di guerra

Regia di Florent Emilio Siri vedi scheda film

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La recensione su Giorni di guerra

di dedo
8 stelle

“ Il primo novembre 1954, dopo 130 anni di presenza francese, il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) iniziò un’insurrezione in Algeria. Di fronte alla determinazione dell’FLN di negoziare l’Indipendenza, la Francia rispose inviando 500.000 giovani reclute”.

 

Con questo cartiglio il regista intende agganciare la sua opera in un contesto storico, necessario, per capire con sufficiente preparazione gli eventi, violenti e crudeli, narrati nel film. Con la Conferenza di Pace di Ginevra, conclusasi nel luglio 1954, richiesta dopo la sconfitta a Dien Bien Phu, in cui i francesi si resero conto, dopo otto anni di guerra, di aver perso quella terra, vennero stabilite le condizioni per la liberazione della colonia. Ma, come spesso avviene nelle trattative politiche, queste contenevano i germi della successiva “sporca guerra” del Vietnam. Dopo tre mesi scoppiò la Rivolta Algerina.

L’Algeria presentava una situazione ufficialmente particolare: non era una colonia in quanto il suo territorio veniva considerato politicamente e geograficamente una estensione della Francia, un suo dipartimento d’oltremare ed i cui cittadini godevano teoricamente della tutela costituzionale francese. Di fatto la regione era economicamente nelle mani dei francesi immigrati (i cosìddetti  pieds noirs). Con lo scoppio della rivolta i pieds noirs, concentrati nelle città di Orano, Algeri e Costantina, appoggiati dall’esercito, minacciarono un colpo di Stato in Francia che fu costretta a richiamare de Gaulle al governo (‘58). Il generale impose una modifica costituzionale atta a conferirgli maggior potere. Con questo passaggio dalla IV alla V Repubblica, la Francia divenne una repubblica presidenziale, quale è tutt’ora.

Quindi nel “caso Algeria” non si può parlare di una “guerra” ma solo di una “sollevazione circoscritta”, evenienza da contenere con normali mezzi di repressione. Di fatto furono sette anni e mezzo di scontro senza esclusione di  colpi da ambedue i contendenti, con applicazione sistematica della tortura, attentati, terrorismo (anche nella stessa Francia), rappresaglie e massacri a carico di popolazioni inermi, impiego del napalm. Trattandosi ufficialmente di fatti interni e concernenti solo la Francia, considerando anche la censura applicata alle informazioni, non ebbe grande risonanza all’estero. L’O.N.U. solo nel ’59 rimproverò la Francia. L’unico effetto fu quello di una intensificazione delle operazioni militari. Ma gli intellettuali e la popolazione progressista presero violenta posizione contro le modalità repressive adottate, considerate giustamente persino peggiori di quelle usate dai Tedeschi  durante la IIWW nei confronti dei cittadini francesi.

Scusate questo pur sintetico richiamo storico, necessario, in parte tratto da letture di testi storici ed in parte da ricordi personali. All’epoca ero già adulto, cosciente, raccapricciato soprattutto dopo aver letto (l’ho tuttora) il lavoro di Henri Alleg (“La tortura” ed. Einaudi 1958). Nel 1966, quattro anni dopo la conquista dell’indipendenza. Gillo Pontecorvo compose  “La battaglia di Algeri”, meravigliosa opera, visibile in Francia solo dal 1971 e che per altro riguardava “operazioni” repressive compiute in ambiente cittadino.

 

Luglio 1959, da qualche parte in Cabilia, zona montagnosa ad est di Algeri. Nel territorio esiste un campo fortificato francese che controlla di giorno (raramente vi effettua mirate imboscate di notte), un vasto territorio (“zona interdetta” in cui l’ordine è sparare a qualsiasi “cosa” si muova). Ma nella notte operano pressoché indisturbati i fellagha. Qui viene assegnato il tenente Terrien (Benoit Magimel) a sostituire un suo parigrado, ucciso la notte precedente da fuoco amico, e di cui prende il comando della sezione. Viene “affidato” all’esperto sergente Dougnac (Albert Dupontal). Terrien è un liberale pregno di ideali morali che gli impediscono azioni in contrasto con il suo rigore etico. E’ un soldato ma non intende fuoriuscire dalle regole di un comportamento corretto. Dougnac è un sergente di carriera, pluridecorato, professionale, esperto,  incallito di fronte alle dure scelte cui può venire esposto. Il contrasto tra queste due personalità è inevitabile (“E come è morto il mio predecessore ?” “Era la sua ora”), ma non assume mai risvolti violenti, anzi col passare dei giorni e per i rischi connessi alla guerriglia, tra i due sorge una sorta di stima e di protezione reciproca. 

 

Il regista Siri conduce per mano lo spettatore in tutti gli orrori di questa guerriglia. E lo fa da “inviato speciale”, di quelli veri, che descrivono con obbiettività gli avvenimenti che incalzano andando sul luogo ad osservare direttamente, non stando al riparo in un albergo. Vengono così descritti, con crudo realismo, le imboscate, i combattimenti, le incursioni nei villaggi, i massacri di intere popolazioni a monito per gli altri villaggi, l’impiego di “barili speciali”, eufemistica definizione delle bombe al napalm, le torture e le mutilazioni. Non offre una scappatoia al comportamento sia dell’FLN sia delle truppe francesi. Molti sono i momenti significativi descritti. Una piccola carovana viene sterminata dal sergente, nonostante l’ordine contrario al fuoco dato da Terrier. Ma il sergente dimostra che si trattava di guerriglieri, travestiti da donne, che trasportavano armi. In un colloquio con un capitano dell’intelligence Terrier si sente dire “Ho saputo che ha degli scrupoli, tenente. Ho fatto confessare il suo prigioniero. Non piace neanche a me, ma eseguo gli ordini.”. Ma Terrier risponde: “Se un ordine è moralmente inaccettabile, lo si rifiuta”. Il Capitano gli porge un pacco di fotografie che mostrano un gran numero di cadaveri francesi, mutilati, con le gole tagliate. “Quando ha dei dubbi, le guardi”. E Terrier. “ L’FLN usa dei metodi vili, ma i suoi non sono certo migliori”. “Lei è appena arrivato. Cambierà opinione, come tutti”. “Ne dubito”.

Ma a seguito di una fallita missione notturna ed alla contemporanea caduta in un’imboscata si capisce che all’interno delle truppe francesi ci deve essere uno che fornisce informazioni all’FLN. Identificato viene dato l’ordine al tenente di “farlo fuori”, ma questo si rifiuta. In un momento che il prigioniero è sorvegliato da un algerino francese e che, parlando,  scoprono di essere ambedue reduci della 7° Fanteria Algerina distintasi nella conquista di Montecassino durante la IIWW, ambedue feriti gravemente e decorati. Alla domanda “Perché ti sei unito all’FLN”. Il prigioniero chiede una sigaretta ed accendendola da entrambe le estremità, dice: “Vedi questa sigaretta ? Sei tu: un lato è l’esercito francese, l’altro è l’FLN. In entrambi i casi tu perdi in partenza. Non sai più chi sei. Non sei più un algerino e non sarai mai un francese”.

Il prigioniero, condotto in una raduna per essere “liquidato” chiede di poter morire fregiandosi della medaglia al valore conferitagli in Italia ed il sergente mostra per la prima volta un momento di umanità concedendo la libertà. Ma è proprio il commilitone/sorvegliante, che ha subito da parte dell’FLN il massacro di moglie e figli, che spara e lo uccide. Nel rapporto fatto dal sergente al tenente l’uccisione sarebbe avvenuta durante un tentativo di fuga. Terrier ormai sente sgretolarsi i principi etici che lo avevano sostenuto sino ad allora. Un “nemico” si è introdotto nella sua mente. Non riesce più a reagire ed inizia la sua discesa agli inferi, aggravata successivamente da un errore di valutazione che lo porta ad uccidere due donne con un carico di provviste e che si stavano avvicinando pericolosamente alla squadra del sergente, ignaro della loro presenza. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Terrier, per il senso di colpa, è ormai diventato uguale agli altri commilitoni. Ottenuta una licenza si reca a Bordeaux, ma non ha il coraggio di presentarsi alla sua famiglia. Si reca in una sala cinematografica in cui il cinegiornale, parlando dell’Algeria, dice “…e così, con il nostro intervento pacifico, si prepara l’Algeria di domani”.

E’ una triste vigilia di Natale quella passata al campo base. Viene proiettato un film amatoriale tenuto da un soldato che è deceduto e si vedono i volti dei compagni morti in battaglia. Per Natale Terrier ed il sergente scelgono la loro strada per uscire dall’incubo, dai rimorsi, e lo fanno coscienti ed in modi diversi.

Un ultimo cartiglio chiude il film. “Due milioni di giovani francesi sono stati mobilitati in Algeria. 27.000 sono morti. Le vittime algerine sono stimate fra 300.000 e 600.000 morti. Solo nell’ottobre 1999 lo Stato francese ha riconosciuto cosa era successo in Algeria”.

Le prestazioni dei due principali protagonisti sono eccezionali, ma anche il restante cast offre una eccellente prestazione. La fotografia di  Coltellacci è straordinaria e ci mostra una Cabilia dal territorio tormentato, a volte squallida e lunare, arida e sassosa, a volte ricca di flora e cespugli abitata da cinghiali. La scenografia di Florent e dialoghi asciutti rappresentano un punto di forza del film. La colonna musicale di Desplat, appropriata e coinvolgente è sempre all’altezza nel sottolineare le scene più coinvolgenti, di rara intensità rievocativa.

 

Il film, il cui titolo italiano è “Giorni di guerra” non mi risulta sia mai apparso in una sala italiana. A mio parere è forse il più bel film di genere bellico che abbia mai visto, capace di coinvolgere senza tregua lo spettatore, specie se ha vissuto nel periodo storico in cui l’Algeria combattè la sua battaglia per l’indipendenza. Voto 8,5

 

 

 

 

Sulla colonna sonora

Raramente una colonna musicale, specie in un film di genere bellico, riesce a essere di grande supporto ad un film

Cosa cambierei

Nulla.Il film è lineare e mostra tutti gli orrori di uno scontro senza quartiere

Su Florent Emilio Siri

Ottima prova registica, capace di coinvolgere lo spettatore per tutta la durata del film. Non risparmia nelle sue critiche nessuno e compila la sua opera con correttezza, rigore e dignità.

Su Benoît Magimel

E' il tenente Terrien, armato di scrupoli etici, ma che di fronte all'incalzare degli avvenimenti vede scomparire ogni residuo morale

Su Albert Dupontel

E' i sergente Dougnacche prova lo stesso smantellamenti dei suoi convincimenti di fronte ad una realtà sempre più insostenibile

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