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Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

Regia di Peter Jackson vedi scheda film

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La recensione su Lo Hobbit: La desolazione di Smaug

di Lord Holy
6 stelle

A un decennio circa da La Compagnia dell'Anello (2001), Le Due Torri (2002) e Il Ritorno del Re (2003), che raccomando di vedere in sequenza e in anticipo su questa novità, dopo Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato (2012) ecco uscire la seconda parte (di tre) della trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo del 1937. Come tutti i lettori delle opere di J.R.R. Tolkien già sapranno, rispetto alla pubblicazione dei libri assistiamo a un'inversione d'ordine, dovuta alla scelta di scambiare prequel e sequel nell'approdo sul grande schermo. Si sia consapevoli di ciò. Lo Hobbit fu scritto per primo, in una dimensione fanciullesca che per stile e contenuti non potrà mai essere comparabile al suo corposo seguito, almeno tre-quattro volte più ampio, una Fiaba adulta di assai più profondo ed epico respiro. Nemmeno il tentativo di Peter Jackson (proclamato eppure perlopiù disatteso all'effettivo) di voler "arricchire" il materiale attingendo altri personaggi ed eventi paralleli o legati alla Cerca di Erebor da Il Signore degli Anelli e dalle sue appendici (suscitando le critiche di una solida corrente di pensiero fra gli appassionati, che avrebbe preferito la favola tale e quale, in un solo film) riesce appieno a superarne i limiti. Anzi, ne enfatizza e aggiunge difetti! In quanto, frutto di una precisa volontà o per forza maggiore, il tono rimane in generale più leggero e scanzonato, ma con varie contraddizioni stridenti nell'accostamento di approcci divergenti, quasi si fosse indecisi sulla strada da intraprendere.

Grande è per me la tentazione del dilungarmi in un'analisi del trasferimento sullo schermo delle fonti redatte dal Professor Tolkien, ma resisterò e non mi soffermerò sui "tradimenti" nei confronti delle stesse, sia perché argomento tedioso per la maggioranza sia perché costituirebbe spoiler sia perché ormai mi sono arreso all'idea – sebbene a malincuore, però con la consolazione di potermi sempre rifugiare nella mia biblioteca, un piacere che nessun regista potrà negarmi. Mi limiterò a commentare che in questo secondo capitolo si assiste forse alla più elevata concentrazione di tagli, invenzioni e deviazioni, soprattutto rispetto al precedente. Quantunque molti fra il pubblico probabilmente apprezzeranno l'accento più serioso assunto dal racconto.

L'operazione di frazionamento in tre mostra in troppe occasioni segni di cedimento e di debolezza. Non intendo una questione di noia, dato che non ho mai avvertito la tentazione di guardare l'orologio. Assorto e coinvolto a sufficienza, il tempo per me è volato senza troppe difficoltà. No, è più una sensazione di fastidio, nell'assistere a certe sequenze che prestano il fianco a facili critiche. Alcune perché estenuanti nell'essere prolisse, altre perché indugianti in futilità. Paradossalmente ho constatato una generale superficialità nella narrazione, con scarsi approfondimenti e caratterizzazioni limitate, insufficienti nel restituire un'adeguata dose di emozioni. Lo spazio è purtroppo rubato da tanti vuoti riempitivi, che causano più danni anziché arrecare benefici. Addirittura mi sembra di aver riscontrato alcuni buchi di sceneggiatura, più o meno vistosi. Manco a dirlo, i dialoghi più efficaci provengono dal libro o ne sono un rispettoso adattamento, mentre la maggioranza delle invenzioni lasciano il tempo che trovano (si scade persino in accenni volgari). Ma non vorrei fosse un problema esclusivo della localizzazione italiana, che so essere afflitta da discutibili scelte di traduzione.

Temo non si possano annoverare, purtroppo, delle interpretazioni eccezionali. Senza nulla voler togliere agli attori, non ci si affeziona se non a quei due o tre personaggi già noti o meglio rappresentati (a dispetto della caricatura spinta, in particolare estetica, di molti di loro). Si gode quando Bilbo Baggins (Martin Freeman), che pare uscito in tutto e per tutto dalle pagine del libro, recupera il suo ruolo da protagonista. Diventa palpabile l'empatia con Gandalf il Grigio (Ian McKellen), impegnato nella sotto-trama del Bianco Consiglio e della minaccia del Negromante di Dol Guldur (spiace solo che tale storia parallela smarrisca parte del suo valore e si dimostri sminuita rispetto agli scritti). Si rimane vittima del carisma di Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage), che con una lunga barba (e più in carne in certe inquadrature) sarebbe stato perfetto, nonostante la giovane età. Affabula la magnetica presenza di Re Thranduil (Lee Pace), assai più dell'onnipresente figlio Legolas Verdefoglia (Orlando Bloom), nei cui riguardi avrebbe giovato una sensibilità più accorta. Destano simpatia Balin (Ken Stott), Dwalin (Graham McTavish) e Bombur (Stephen Hunter). Dispiace invece per un deludente Beorn (Mikael Persbrandt), colpito dalla solita eccentricità esasperata e inoltre talmente ridotto all'inutilità da essere quasi vittima di una completa eliminazione. Valeva davvero la pena di introdurlo sacrificandolo in questo modo? A Radagast il Bruno (Sylvester McCoy) tocca una sorte pressoché analoga. Bard l'Arciere (Luke Evans) non incide come dovrebbe, a mio sentore, e l'Elfa Silvana Tauriel (Evangeline Lilly) si trova al centro di una vicenda stucchevole e satura di stereotipi da dimenticare.

Una breve digressione merita il Drago Smaug. Pur restando io legato e fermamente convinto nell'immaginario del tutto personale che di lui avevo tratto dalle descrizioni di Tolkien, devo ammettere di essere riuscito ad apprezzare abbastanza la sua apparizione qui. Nulla di straordinario, eccezionale o memorabile, però è funzionale. Questo per quanto concerne l'aspetto fisico. Il comportamento mi era peraltro sembrato indovinato quanto basta, ma verso la conclusione la sua figura scade purtroppo in una risoluzione a tratti deprecabile e indecorosa.

Sugli effetti speciali e la resa visiva non mi dilungo, dato che manco ne avrei le competenze. Di 3D, HFR 3D, 48 fps, IMAX e via discorrendo... a me sinceramente poco importa. Non a caso l'ho guardato nel normale e comune 2D. Qualche costume e personaggio sfiora la caricatura e un gusto discutibile, con una caratterizzazione non proprio ottimale, però in generale mi pare si mantengano gli standard de Il Signore degli Anelli, nello stupore per paesaggi e creature. Tuttavia si sarebbero potuti risparmiare molte sregolatezze virtuali, questo sì, che peraltro risultano "finte" in maniera sgradevole. In simili frangenti si avverte l'assenza di un approccio realistico e verosimile. Preciso che non mi riferisco alle scene palesemente di puro divertissement, perché in esse l'effetto è al contrario voluto e giustificabile.

Ancora la colonna sonora non risalta quanto dovrebbe. La colpa non è di Howard Shore, essendo la sua composizione adeguatamente valida, nel dar vita ad aree, popoli e culture della Terra di Mezzo mai esplorate finora sul grande schermo. Il problema è che non è stata valorizzata nell'accompagnare le immagini. Chiunque abbia ascoltato le tracce in separata sede, in CD o file scaricati, non potrà non giungere alla medesima conclusione. Ricordo che il risultato con Il Signore degli Anelli era straordinario: ogni melodia richiamava alla mente la particolare scena in cui era stata utilizzata. Stavolta no, non in ogni circostanza.

In conclusione, tenendo conto degli alti e bassi, dei colpi al cerchio e alla botte, degli stravolgimenti alternati a squisite citazioni tratte dai testi di J.R.R. Tolkien, il mio voto è compreso fra 6/10 e 7/10. L'edizione estesa (una ventina di minuti in più) offre qualche aggiunta preziosa, avvicendata a ulteriori cadute di stile. In sostanza sarebbe bastato un montaggio differente per portare al cinema già una versione unica, tagliando il superfluo e incrementando gli approfondimenti secondo intelligenza, ma capisco che avrebbe comportato minori guadagni in home video rispetto al proporre due differenti alternative agli appassionati pronti a spendere i loro soldi. Comunque l'adattamento si avvia al suo autentico epilogo soltanto con il titolo successivo, La Battaglia delle Cinque Armate (2014).

 

La trama

Bilbo Baggins, assieme alla Compagnia di tredici Nani capeggiati da Thorin Scudodiquercia, prosegue verso Est l'avventura per reclamare il Regno di Erebor caduto in potere del terribile Drago Smaug. Sul loro cammino incontreranno Beorn il muta-forma, i Ragni della minacciosa foresta di Bosco Atro e gli Elfi Silvani di Re Thranduil. Giunti poi dagli Uomini del Lago a Esgaroth e finalmente alla Montagna Solitaria, si troveranno ad affrontare il pericolo più grande, che non solo metterà a dura prova il loro coraggio, ma anche la loro amicizia e il senso del viaggio stesso. Nel mentre due Maghi, Gandalf il Grigio e Radagast il Bruno, indagano circa il Negromante di Dol Guldur...

 

La regia di Peter Jackson

Alterna momenti degni di nota ad altri biasimevoli, indugiando talora sull'autoreferenziale e talvolta su un'esasperata spettacolarità. Abile comunque nel ricreare l'atmosfera della Terra di Mezzo, pur negli eccessi di qualche situazione e della caratterizzazione (estetica e non) di alcuni personaggi. Non mancano gli elementi tipici del suo stile, ovvero la prolissità e il cattivo gusto. Inoltre insiste, sfiorando l'essere compulsivo, in continui rimandi e citazioni alla sua magnum opus precedente.

 

Gli interpreti

Martin Freeman

Una sorpresa! Lodevole la sua espressività, nell'entrare con disinvoltura nei panni di Bilbo Baggins.

Ian McKellen

Conferma quanto Gandalf il Grigio sia indissociabile dal suo volto. Ottimo e gradito ritorno.

Richard Armitage

Mostra di vantare il giusto carisma e impegno nel restituire la caratura di Thorin Scudodiquercia.

Lee Pace

Il magniloquente e solenne Re Thranduil. Fra i nuovi ingressi è il più convincente. Distinto.

Orlando Bloom

Legolas Verdefoglia, principe di Boscoverde il Grande. Molto più di un semplice cameo.

Evangeline Lilly

Non mi ha convinto appieno questa Tauriel, l'Elfa Silvana.

Luke Evans

Un sufficiente Bard l'Arciere, anche se dal personaggio mi aspettavo di più.

Stephen Fry

Il grottesco Governatore della Città del Lago, affogato nei cliché.

Benedict Cumberbatch

Movenze e voce (originale) sia del Drago Smaug sia del Negromante.

 

La colonna sonora

Consiglio di ascoltarsi almeno una delle due uscite dedicate alla colonna sonora (Standard Edition oppure versione Special Edition), perché nel film il lavoro di Howard Shore è sottoutilizzato. Per fortuna non si assiste allo scempio subito dalla musica nel primo capitolo, però comunque non gli si concede ancora tutto il potenziale espressivo, evocativo e ricco di suggestioni. Viene soffocato sul nascere. Un vero peccato, data la cura del compositore nel suo mestiere. Certo, non eguaglia la Sinfonia de Il Signore degli Anelli, ma mantiene intatto il suo precedente modus operandi, con una melodia intitolata a ciascun luogo, popolo, circostanza o protagonista.

I See Fire, affidata a Ed Sheeran per i titoli di coda, non mi è sembrata affatto malvagia.

 

Cosa cambierei

Avrei valorizzato di più la soundtrack. Avrei evitato le futili esagerazioni. Avrei conservato certi spunti e/o dettagli dei libri, il cambiamento (a mio avviso non necessario e oltretutto è in peggio!) dei quali avrà inevitabili ripercussioni anche sul prossimo e ultimo capitolo. Peccato. Occasione persa.

 

 

Martin Freeman

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug (2013): Martin Freeman

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