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Melancholia

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Melancholia

di Kurtisonic
8 stelle

Il bello di creare delle regole è quello di trasgredirle. Se in Lars Von Trier il voto di castità del Dogma è venuto meno fin da subito, sono rimaste invariate le ossessioni, le contraddizioni e il talento naturale al servizio della sua pessimistica visione del mondo. Se i cinque minuti iniziali di Antichrist preludono a qualcosa di molto diverso dal resto claustrofobico del film, l'inizio di Melancholia è un sommario didascalico dell'evolversi della vicenda. Diviso in due capitoli, il primo ruota su Justine ( Kristen  Dunst) e scene da un matrimonio alto borghese che naufraga nella sua disperazione, il secondo è incernierato sul rapporto fra Justine e la sorella Claire (Charlotte Gainsbourg) in attesa del passaggio del pianeta Melancholia che dovrebbe sfiorare la terra secondo gli esperti. Ancora una volta a dispetto della presunta misoginia del regista, le protagoniste sono donne, e saranno loro a testimoniare l'epilogo definitivo della Storia. L'interpretazione della Dunst incarna un modello femminile totale secondo il Lars pensiero, contiene elementi presenti in tutti i film precedenti del regista, ne fa una figura quasi stilizzata negli atteggiamenti, assoluta (salvo qualche esagerazione da preveggente un pò forzata), giustamente premiata a Cannes.  Melancholia sembra suggerire che resistere alla condanna di vivere non ha senso, quanto invece meriti ri-trovare qualcosa per cui valga la pena morire. Lars Von Trier restituisce dignità all'essere umano secondo il suo credo sofferente, intuitivo e ineluttabile, sentenzia con spietatezza sul vuoto in cui la nostra società sprofonda. Il rischio fondato è che un autore fra i più interessanti e coraggiosi degli ultimi anni non si avviti su sè stesso, non rimanga prigioniero della sua visione malata che si trasforma in un cinema che può essere scambiato per leziosità e supponenza autoriale. Ci si aspetta rigore e coerenza da chi ha rivendicato la lotta alla superficialità e alla drammaturgia, ma al tempo stesso che prevalga ancora un essere collettività nei sentimenti e nel riconoscersi negli altri. Nella scena finale, conta quello che c'è sotto l'esile capanna di rami, non la maestosa artificiosità del pianeta che gli piomba addosso... 

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