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Tomboy

Regia di Cèline Sciamma vedi scheda film

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La recensione su Tomboy

di sasso67
8 stelle

I triboli dell'infanzia, e in particolare della preadolescenza, sono un tema cui il cinema francese è sempre stato molto sensibile. Si può pensare alla filmografia di Truffaut, dal suo film d'esordio al Ragazzo selvaggio e a Gli anni in tasca. La particolarità della Sciamma, rispetto all'autore dei 400 colpi, è di raccontare una famiglia e un'infanzia sostanzialmente felici. I genitori di Laure e Jeanne sono bravissime persone, affettuose con le figlie, verso le quali nutrono la massima fiducia, e per niente invadenti. L'unico vero problema di questa famiglia pressoché felice sono i continui spostamenti di città, dovuti al lavoro del padre. Il quale, forse, tratta fin troppo Laure come un maschio e infatti le offre da bere la birra e le dice che non vede l'ora di insegnarle a giocare a poker. Così per la ragazzina, che porta i capelli alla maschietta e ama giocare a pallone (e fa a botte con i ragazzi che infastidiscono la sorellina), è naturale assecondare l'equivoco di Lisa che l'ha scambiata per un maschio, probabilmente perché la ragazzina le piace davvero.
I nodi, ovviamente, vengono al pettine, ma la regista è abile nel sublimare i drammi nella poesia e lo fa con una tenerezza degna dello stesso Truffaut. Al positivo risultato contribuiscono i giovanissimi attori, prima fra tutti, naturalmente, Zoé Héran, anche se è gran merito della Sciamma il saperne inquadrare i corpi (molto bella la sequenza della battaglia con l'acqua) e coglierne la luce degli sguardi.

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