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Un poliziotto da happy hour

Regia di John Michael McDonagh vedi scheda film

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La recensione su Un poliziotto da happy hour

di mck
8 stelle

"To Gerry. He dies in the end. Sad. Love, Mum." Sláinte!


L'esordio alla regia (dopo aver scritto “Ned Kelly” per Gregor Jordan adattandolo dal romanzo “Our Sunshine” di Robert Drewe nel 2003) di John Michael McDonagh - classe 1967, fratello maggiore di Martin (1970; commediografo e regista/sceneggiatore che ha esordito dietro alla MdP prima di lui: “In Bruges”, “Seven PsychoPaths”, “Three BillBoards OutSide Ebbing, Missouri”), che qui produce esecutivamente -, “the Guard” (cui seguiranno “Calvary” e “War On EveryOne”), è un mash-up, è un melting pot pourri, è un eterogeneo dedalo di generi, è...un film coi controcoglioni, i controcazzi, le controvaie e le controvagine, e un bel po' di understatement. Struggente e vitale.

 


Il corpo di Brendan Gleeson -[l'immenso “the General” di John Boorman (e ancora con lo stesso regista in “the Tailor of Panama”, “Country of My Skull” e “the Tiger's Tail”), e poi: “Gangs of New York”, “the Village”, “In Bruges”, “Green Zone”, “Calvary”, “Mr. Mercedes” e l'ep. “the Mortal Remains” di “the Ballad of Buster Scruggs”]- lo abita e parvade, lo – letteralmente – riempie. Satellite compìto, Don Cheadle (altro prod. esec.), gli orbita attorno per un breve periodo, e ne accompagna l'uscita di scena fuori dal Sistema Solare....o semplicemente (se Oblomov, il “mite fantasma” manganelliano di Goncarov, era un morto in vita, forse Gerry è un vivo in morte) a nascondersi sulla faccia nascosta della Luna.

 


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Examination. Trovare/considerare il comun denominatore. L'accoppiata malto d'orzo tostato + alta fermentazione? La triangolazione urlata fra Polonia, Inghilterra e Australia? Il Rhodes ScolarShip di Billy “Rubber Duck” the Kid a Oxford? Una improbabile groupie di un improbabile neomelodico gaelico? Una maglia che sembra la tovaglia di un ristorante italiano/broccolino?

 

 

Explanation. Una pinta di Guinnes stout/porter + Skolimowski/Graves/Bates + Kris Kristofferson + Daniel O'Donnell + “un” calciatore croato = “The Guard”.

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Completano il meraviglioso cast: Fionnula Flanagan, Liam Cunningham, Mark Strong, David Wilmot, Rory Keenan, Katarina Cas, Dominique McElligott, Sarah Greene, Gary Lydon, Laurence Kinlan, Owen Sharpe, Pat Shortt, Darren Healy e il giovane esordiente Mícheál Óg Lane.

 


Montaggio (qualche ottimo campo-controcampo) di Chris Gill. Musiche originali dei Calexico e non originali tradizionali più, tra le altre, “Ode to Billie Joe” di Bobbie Gentry e “Leaving on a Jet Plane” di John Denver, quest'ultima messa a chiosa.

 


Splendida composizione del quadro cromatico a cura di Larry Smith, un genio (cresciuto sui set di “Barry Lyndon” e “the Shining” e poi passato a “reggere le luci” al fianco di Kubrick in “Eyes Wide Shut”; e rispetto alla sequenza posta all'inizio di "the Guard", quando il protagonista si risveglia, è impossibile non pensare a "2001: a Space Odyssey", "A ClockWork Orange" ed "EWS" stesso!) molto parco, ch'esprime qui, in un solo frame, non piegato dalla tracotanza espressiva di NWR, tutta la potenza soverchiante delle palette coloristiche contenuta nell'intera pigmentata carriera del regista di - fra quelli fotografati da Smith - “Fear X”, “Bronson” e, soprattutto, “Only God Forgives”, adoperando una tavolozza satura e primaria antitetica rispetto a quella di “Eyes Wide Shut” (e questo varrà anche per “Calvary”), passando dal carnale calor bianco avvolgente degli interni newyorchesi illuminati nello spettro del verde ("la Chambre Verte" truffautiana) e del rosso e del blu (il talamo nuziale etc...) e riscostruiti negli studi di PineWood fuori Londra al freddo pastello del Connemara (Conamara), Contea di Galway (Gaillimhe).

 


To Gerry,
He dies in the end.
Sad ___
Love,
         Mum.

In eredità, un libro.
Più lieto fine di così.

Sláinte!

* * * * (¼)   

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