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Midnight in Paris

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Midnight in Paris

di LAMPUR
4 stelle

Continuo a ritenermi un fan di Woody Allen. Ha un credito accumulato che lo salvaguarda da ogni recessione. Mi becco le sue storielle magari cosparse di lievissime tracce di genio, sospiro profondamente, ed attendo, paziente, il prossimo film… anche se temo sbertuccerà anche Roma, tenendosi il Colosseo al tramonto per la scena finale…
Stavolta partiamo con cartoline parigine collocabili in un indefinito arco temporale, più da smorta guida turistica giapponese però; in realtà ad Allen per primo sarebbe piaciuta la Parigi anni venti, pullulante di spirito artisticamente rivoluzionario, dalle avanguardie letterarie americane, ai primi sussulti surrealisti. Vogliamo chiamarlo passato? Non scherziamo. La muffa è ora: nei cinema, nei musei e nelle librerie. E l’avverto di nuovo in questo ennesimo stiracchiato sforzo alleniano
Ma torniamo a noi, con le finestre spazio/temporali il nostro s’era già cimentato (e con ben altri risultati…), in quest’occasione lo avvertiamo impersonale, didascalico, abbecedariesco.
Si proietta nel passato per incontrare solo icone e bella vita, toccata e fuga con nomi e cognomi ben in evidenza (meglio far evitare figuracce con gli amici vicini di poltrona…)
Stavolta tocca allo slavato Owen Wilson, redfordianamente sciapito, a rubare parte, ruolo e, rarissime, battute a Woody Allen in persona.
Sembra un involontario “film nel film”, dove è il Woody persona, e non quello regista, affascinato da un'altra epoca, dove tutti "devono" recitare come giovani Allen...  affrontasse il presente, escogiterebbe sicuramente soluzioni convincenti...
Certo il Maestro non avrebbe potuto impersonare un giovane promesso sposino in compagnia di fanciulla predestinata e suoceri al seguito, ma sarebbero bastate lievissime correzioni di sceneggiatura… "Mi spiace solo di non recitare più nei miei film. Perché li faccio solo se mi diverto e mi diverto solo se sono io l'uomo che conquista la donna, la porta a cena e la bacia. Ma oggi sono vecchio e nel ruolo di Brolin sarei ridicolo".  Questo ci diceva Allen riguardo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, coltivando in embrione amaro rimpianto per il passato…
forse che il viaggiare di persona negli anni venti avrebbe oscurato i macchiettistici Dalì, Bunuel Hemingway e compagnia bella? Sicuramente si.
Avrebbe fatto a pezzi in tre battute il saccente amico della fidanzata (come accade nel miglior siparietto del film, e forse unico, davanti al ritratto ispirato dalla Cotillard a Picasso) e ridotto al silenzio il suocero repubblicano? Si sarebbe fatto incastrare in un altro ridicolo intermezzo matchpointesco con orecchini spariti e battibecco con la biondina dalle movenze scarlettiane?
Lo escludiamo senza alcun dubbio.
E ci avrebbe anche risparmiato il lessato Owen Wilson e lo scimmiottamento di balbettii made in Allen.
E magari ancora non avrebbe riservato solo per la scena finale l’unico ponte decente di Parigi, l’Alexandre III, con la Torre Eiffel ad effetto sbrilluccicoso sullo sfondo.
Invece di una sgarzullina ventenne avrebbe potuto incontrare una donna francese di classe, un’Huppert o una Seigner… sarebbe stato reale ritorno ad una festa mobile, per tutti noi…
Vorrei tanto che una magia riportasse Woody, allo scoccar della mezzanotte, in una sala newyorkese alla prima di Manhattan… ma gli incantesimi si disincantano per tutti, ed eccoci qua, nel nostro presente, a tirar fuori sangue dalle rape… ecco la lezione: accettiamo l’ingrato compito, ma non smettiamo di sognare… ah no! il sogno no, non ce lo può togliere nessuno…
 
  

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