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Captain America. Il primo Vendicatore

Regia di Joe Johnston vedi scheda film

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La recensione su Captain America. Il primo Vendicatore

di lao
6 stelle

 “Captain America- Il primo vendicatore”, l’ultimo stella della galassia Marvel, diretto da Johnston e sceneggiato da Markus e McFeely,  non sorprende e non delude: il supereroe, umiliato per l’aspetto meschino,  miracolato finalmente dalla scienza salva l’umanità dalle sue schegge impazzite e si vendica delle umiliazioni subite. Tuttavia nel proporre lo schema fumettistico abituale la pellicola ne va a cercare l’archetipo nelle avventure di Captain America creato da Joe Simon e Jack Kirby e arrivato nelle edicole nel marzo 1941 esattamente otto mesi prima che gli Stati Uniti entrassero in guerra contro Hitler: si trattava della storia di un ragazzo mingherlino( Chris Evans), strapazzato a Brooklings e rifiutato dall’esercito, che, grazie alle scoperte di  uno scienziato tedesco, acquista muscoli prodigiosi e realizza il  sogno di diventare  eroe sui campi di battaglia. Il film non si pone troppi problemi di natura ideologica, comunque il recupero archeologico  ha il sapore di una legittimazione etica sia della politica estera statunitense sia dall’immaginario collettivo scaturitone. In effetti chi sono i nemici e quali le qualità di Steve/ Captain America? Le lezioni della Storia si intrecciano indissolubilmente con le fantasia dei disegnatori, cosicché al nemico reale, Hitler, si sovrappone l’altro, Teschio Rosso ( Hugo Weaving), una creatura dalla faccia mostruosa, un superbo Prometeo, intenzionato a impadronirsi del pianeta; allo stesso modo agli eroi reali, i soldati in trincea, si omologano, indossando una divisa e agendo in squadra,  gli eroi di cartapesta, quelli che si esibiscono sul palcoscenico in calzamaglia con le ballerine e prendono a pugni un pupazzetto con le fattezze di Hitler.  Gli Stati Uniti proprio a partire dalla Seconda Guerra mondiale, mascherarono l’imperialismo, economico militare e culturale,  innalzando la bandiera di paladini  dell’umanità  democraticamente governata contro i tiranni e i tanti campioni in costume attillato ne divennero il simbolo, facendone le veci nell’universo su carta o su schermo: un superomismo  dunque a uso e consumo delle masse.   “Captain America”, perché la metamorfosi si realizzi con successo, deve rimanere perciò il buon ragazzo sognatore di Brooklings, uno che impugna la lancia non per uccidere ma perché odia gli spacconi e se lo è anche lui, rimedia con la sana ironia dell’uomo comune con i piedi ben piantati a terra.

Per confronti e percorsi culturali suggeriti dal film cfv mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it/post/2669269.html

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