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Le avventure di Tintin. Il segreto dell'Unicorno

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Le avventure di Tintin. Il segreto dell'Unicorno

di M Valdemar
4 stelle

Niente da fare, la motion capture è una pietanza di ardua digestione visiva, adulterata come la gastronomia molecolare, appetibile come un sushi di nutria. Orbene, a parte le gustose metafore alimentari, è senz’altro da evidenziare il passo in avanti rispetto alle recenti produzioni che hanno utilizzato tale tecnica (il pensiero corre naturalmente a Zemeckis), ma siamo comunque lontani da un livello almeno accettabile, in particolare indispongono non poco quegli occhi così inespressivi, sintetici, anestetizzati. Cavità sature di vacuità, ospitano inestinguibile fissità.
Infatti non è un caso se la scena migliore è quella del furioso e avvincente scontro in mare aperto tra due navi, in cui le figure (in)umane passano in secondo piano, lasciando spazio alle consuete lusinghe fantasmagoriche.
Lo spettacolo offerto da Spielberg è sontuoso e ambizioso (e con l’apporto di un 3D non essenziale), ma non riesce quasi mai ad incantare sinceramente, ad arrivare dritto al cuore, che è sempre avido di emozioni e impavidamente pronto ad abbandonarsi alle meraviglie dell’avventura. Sono remoti i tempi di E.T., o di Indiana Jones e anche de I Goonies (non regista, ma sempre "suo").
Oltretutto fa fatica ad ingranare, la prima mezzora non esalta ed anzi annoia, ondeggia staticamente su un tappeto di verbosità ed esausta attrattiva. Come non bastasse, si ha quasi l’urticante sensazione che il regista si sia divertito (almeno lui …) a stipare la pellicola di elementi fastidiosi e irritanti, a cominciare dal protagonista, insopportabilmente efficiente e infallibile come Topolino, con l’ingegno di MacGyver e le abilità di un ninja. In una parola: antipatico. E pure senza autoironia. Ma con un detestabile compagno, altrettanto capace, anzi di più, ossia il fox terrier Milou, a tratti il vero primo attore, rognoso e odioso come pochi altri. Altro che Rin Tin Tin. E i personaggi di contorno non sono meglio - dal cattivo ai due poliziotti imbranati all’alcolizzato capitano -, sono macchiette, prevedibili in ogni loro aspetto. Altro fattore non riuscito è l’umorismo, insignificante nella sua convenzionalità, e talvolta mal calibrato.
Lo sviluppo narrativo ha un crescendo efficace, tale da assicurare comunque l’attenzione dello spettatore, ma dà l’impressione di essere un compitino artificioso e meccanico, come se Spielberg procedesse intenzionalmente col pilota automatico, riservando il meglio, forse, ai seguiti già annunciati.
Alla fine i bambini applaudono e sono contenti, ma è dubitabile che abbiano trovato nel film quei sentimenti di irripetibilità, di stupore che lo rendano indimenticabile anche col passare degli anni.


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