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Il cavallo di Torino

Regia di Béla Tarr vedi scheda film

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La recensione su Il cavallo di Torino

di kikisan
10 stelle

Difficilmente guardo i film al momento della loro messa in onda; normalmente ho l'abitudine di registrarli con l'intento di vederli quando ne ho voglia, il tempo, nonchè - eventualmente - per poterne sospendere la visione e riprenderla in seguito. Nella notte di venerdì "Fuori Orario" ha trasmesso in anteprima "Il cavallo di Torino" di Bela Tarr ed essendo un ammiratore del "molto particolare" regista ungherese, ho deciso di vedere il film in diretta. La trama è facilmente descrivibile: in una desolata landa (probabilmente la puszta ungherese) flagellata da un vento incessante, seguiamo le vicissitudini degli ultimi sei giorni di esistenza (?) di un uomo con il braccio destro paralizzato e della sua fedele figlia che cerca di accudirlo ed aiutarlo in tutte le sue azioni. Vi è anche un cavallo molto vecchio, che ogni mattina viene preparato per affrontare un viaggio verso non si sa quale destinazione e che puntualmente si rifiuta di mettersi in marcia. A dir la verità non è che l'uomo e la figlia insistano più di tanto nel tentare di farlo muovere. I sei giorni procedono sempre uguali ma con piccole mutazioni che preannunciano una sorta di imminente apocalisse. Vediamo la ragazza che si sveglia, va a raccogliere l'acqua dal pozzo, nel frattempo il padre si alza da letto e viene aiutato nella vestizione dalla figlia; prima di iniziare la giornata una bevuta di "palinka" (una sorta di grappa) due bicchierini l'uomo, uno la ragazza. Il cibo consumato è sempre il medesimo: una patata lessa a testa (l'uomo aggiunge anche un po' di sale). Terminato il frugale pasto, l'uomo si pone davanti ad una finestra a guardare l'esterno della casa.
Chi è interessato al film conosce sicuramente a cosa si riferisce il titolo "Cavallo di Torino" e l'alone di leggenda che permea la figura del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche riguardo questo episodio della sua vita, tanto più che una voce narrante ad inizio pellicola provvede a sottolinearlo; le mie conoscenze non sono tali per cercare di approfondire filosoficamente quanto vuole trasmettere Bela Tarr in questo suo (ultimo?) film, quindi mi limiterò a parlare della struttura del film e di eventuali rimandi a sue pellicole precedenti in particolare "Satantango" e "Le armonie di Werckmeister".
La monotonia e la ripetitività delle azioni fatte da padre e figlia in questi sei giorni ci viene mostrata con diverse posizioni della cinepresa; i particolari e gli anfratti della modesta casupola in cui essi vivono li scopriamo giorno dopo giorno, come del resto la stalla dove è ricoverato il vecchio cavallo. Si può dire che un marchio di fabbrica del regista ungherese, sia quello di prediligere lo sguardo verso gli ambienti, piuttosto che sui personaggi.
Enrico Ghezzi nella sua prefazione ci svela che il vento sferzante, prosciugante, annichilente e forse anche demoniaco viene prodotto dalle pale di un elicottero; probabilmente la medesima tecnica Bela Tarr la usa in Satantango nel documentare il ritorno dei due profeti-truffatori Irimias e Petrina (avanzano lungo le vie del paese accompagnati da mulinelli di foglie e spazzatura).http://www.youtube.com/watch?v=wA2APi0cTYY
Logicamente l'elemento maledetto in Satantango non è il vento, bensì la pioggia. Riporto di seguito cosa dice un avventore del bar di Satantango riguardo la suddetta liquida calamità:

Piove. Tempo di merda.
Rovina ogni cosa. Guarda questo cappotto. Era soffice come il burro. E ora è così duro che per sedermi devo romperlo. Flessibilità, è questo quello che ha perso. Completamente. Passa anche il vento, è pieno di grinze. La pelle si sta sbriciolando. Vai di qua e di là e non ti puoi mettere a sedere. E ti bagni dentro e fuori. Perché il peggio non è questo. È qui dentro. Mai sentito parlare delle piogge interne, naturalmente. Lavano gli organi giorno e notte. Partono dal cuore e lavano il fegato, lo stomaco, la milza, i reni…


La protagonista femminile di "Cavallo di Torino" è Erika Bok; in Satantango interpreta la bambina Estike quella che sotterra i soldi sperando che crescano, che tortura e sevizia il suo micio fino ad ucciderlo col veleno per topi e che ad un certo punto si uccide pure lei - allo stesso modo - dopo aver assistito alla danza laida e di perdizione all'interno della locanda.http://www.youtube.com/watch?v=f1CNNf9iU9Y

In Satantango la finestra è lo strumento di controllo del dottore nell'osservare e documentare le bassezze e nefandezze compiute dagli altri protagonisti, qui è il punto di vista verso il nulla e l'inevitabile.
Potrebbe essere proprio il dottore alcolizzato di Satantango a dare la voce narrante a "Cavallo di Torino" e potrebbe essere sempre lui a tracciare il "nero" definitivo al termine.

Probabilmente l'apocalisse preannunciata dal magnetico Irimias in Satantango e dal nano proprietario della balena impagliata ne Le armonie di Werckmeister stavolta sta veramente arrivando.

Oltre al finale "oscurantista" si individuano tre momenti topici ne Il cavallo di Torino: in primis l'ingresso in casa di Bernhard, il quale - con l'intento di acquistare della grappa - inizia un monologo epocale che di seguito riporto:

Perché tutto è in rovina, tutto si sta degradando, ma posso dire che loro hanno rovinato e degradato tutto. Perché questo non è una specie di cataclisma che ci viene addosso dal nulla. Al contrario è questione del giudizio dell’essere umano su sé stesso a cui ovviamente dà una mano Dio o, mi azzardo, a cui prende parte anche Dio e qualunque cosa a cui prenda parte è una delle creazioni più orribili che tu possa immaginare. Perché, vedi, il mondo è nel degrado. Per cui non ha importanza ciò che dico, perché ogni cosa che hanno preso in mano è svilita e siccome hanno preso controllo di tutto in una strisciante e subdola battaglia hanno degradato tutto.Perchè qualunque cosa tocchino, e toccano tutto, degenera. Andava così fino alla vittoria finale, fino alla fine trionfale.
Acquisire, degradare
 Degradare, acquisire
O possiamo metterla diversamente se vuoi: toccare, degradare e quindi acquisire…o toccare, acquisire e quindi degradare. E’ andata avanti così per secoli…ancora e ancora. Questo e solo questo, a volte dal cielo, a volte in modo rude, a volte gentilmente, a volte brutalmente ma è sempre stato questo.
 Ora invece c’è un solo modo…come un attacco di topi di fogna in un’imboscata.
Perché per questa vittoria perfetta era anche essenziale che l’altra parte, che rappresenta tutto ciò che è eccellente, grandioso e nobile in qualche modo, non si ritrovasse ad intraprendere alcun tipo di lotta. 
Non ci doveva essere alcun tipo di combattimento fra le due parti, solo l’improvvisa scomparsa di una delle due, intendendo quella luminosa, grande e nobile. Non c’è un solo piccolo angolo in cui qualcuno possa nascondere qualcosa da loro, perché qualunque cosa su cui possono allungare le mani…è loro. Anche le cose che pensiamo non possano raggiungere sono in loro possesso, perché il cielo è già loro, e così tutti i nostri sogni. Possiedono i momenti, la natura, l’infinito silenzio
Anche l’immortalità è loro capisci?
 Tutto….tutto è perso per sempre!!!
E tutti quei nobili d’animo, grandi, eccellenti…sono rimasti così…se così si può dire. Si sono fermati a questo punto e dovettero capire che non c’è Dio e non ci sono Dei…e dovettero capirlo dal principio. Ma naturalmente erano abbastanza incapaci di capirlo… Lo credevano e lo accettavano…ma non lo comprendevano. Rimasero lì…sconcertati ma non rassegnati finchè qualcosa, quella scintilla nella mente, finalmente li illuminò. E tutt’a un tratto realizzarono che non ci sono Dei né Dio, tutt’a un tratto capirono che non c’è né il bene né il male. Poi realizzarono che se era così, allora loro stessi non esistevano! Vedi, io calcolo che quello possa essere stato il momento in cui abbiamo potuto dirli estinti, si sono spenti. Estinti e spenti come fuoco lasciato a covare sotto la cenere in un prato. Uno era vincitore costante…l’altro il costante perdente. Sconfitta, vittoria…e un giorno, qui nel vicinato, ho dovuto realizzare che mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso quando pensavo che non ci fosse mai stato e che non ci potesse mai essere cambiamento su questa Terra Perché, credimi, ora so che quel cambiamento c’è stato eccome.




Se avete avuto la pazienza di leggere, lascio a voi tirare le vostre conclusioni...

Il secondo momento è rappresentato dall'entrata in scena di un gruppo di zingari che arrivano su un carro trainato da due magnifici cavalli bianchi in cerca di acqua, i quali tentano di convincere la figlia a seguirli e vengono mandati via in malo modo dal padre, non prima di aver regalato un libro alla ragazza.
Che siano loro i "reduci" della fantomatica "comune utopica" promossa da Irimias in Satantango?

Il terzo momento è lo straziante ma anche un po' grottesco tentativo di fuga "dal nulla verso il nulla del vento", da parte di padre, figlia e cavallo.

L'ambientazione ostile e non solo, ricorda molto il bellissimo "pseudo western" "Il vento" (1928) di Victor Sjöström: capolavoro assoluto del cinema muto.
 
Il baluginare finale della lampada ad olio è da intendere come segnale di ottimismo o no?

Un'esperienza visiva unica; 150 minuti di film che mi hanno turbato non poco; come confessato in privato ad Emidio (Bradipo68), al termine del film sono rimasto almeno due ore con la TV spenta nel buio della mia camera a rimuginare su quello che avevo visto. Dopo pochissime ore di sonno mi sono svegliato con la febbre a 39° ed ho vissuto una delle giornate più sofferenti della mia vita. Fino ad ora non ho più guardato alcun film.
Ho buttato giù queste righe per cercare di esorcizzare la sensazione di ansia che ho vissuto in questi giorni...La colpa è dell'attacco influenzale che mi ha colpito, ma voglio credere ad una sorta di maledizione da parte di Bela Tarr e Nietzsche...
Per terminare una tirata d'orecchie ai redattori dei sottotitoli (anche a quelli in inglese): all'inizio hanno pensato bene di non tradurre dal tedesco le ultime parole pronunciate da Nietzsche "Mutter,ich bin dumm".
Per la cronaca controllando sul web la traduzione è "Madre,sono diventato pazzo".
 
  

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