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Almanya - La mia famiglia va in Germania

Regia di Yasemin Samdereli vedi scheda film

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La recensione su Almanya - La mia famiglia va in Germania

di mc 5
10 stelle

Mi piace iniziare proprio dall'immagine che coglie lo spettatore appena si spengono le luci in sala. Sullo schermo appare per pochissimi secondi una scritta che precede i titoli di testa e che funge un pò da slogan per ogni opera distribuita nelle sale dalla "Teodora Film" e che suppongo sia stata scelta dal suo mitico titolare Vieri Razzini. Essa recita: "Questo film è presentato da un distributore indipendente". Una formula che apprezzo in quanto esprime con semplicità tutto l'orgoglio di chi si occupa di cinema animato da spirito fieramente indipendente. E vorrei idealmente associare in questo discorso anche le altre tre principali realtà italiane che operano con successo in questo ambito: Lucky Red, BIM e Fandango. Anche se poi ci sarebbe un discorso da fare su una censura di mercato che si viene -ahimè- a determinare a monte, prima ancora che un prodotto raggiunga le sale. Senza sprecare troppe parole, posso citare un caso recente, quello di "The Artist", film che col passa parola e col sostegno unanime della critica ha incassato ottima accoglienza ma non ha potuto sostenere un reale confronto coi cinepanettoni nè coi cartoons natalizi solo in quanto penalizzato da un ridotto numero di copie collocate in proiezione dalla indipendente BIM. E anche questo autentico gioiellino che è "Almanya" se distribuito in adeguato numero di sale avrebbe potuto essere un potenziale successo da alta classifica, trattandosi di prodotto gradevole e perfino commovente, che può arrivare al cuore di ogni genere di spettatore, dal cinefilo esigente all'animale massificato da multisala. Qua di ostico o di intellettuale nemmeno l'ombra, ma solo sentimenti condivisibili da tutti, buon gusto, brillante ironia. E anche quando si parla di sentimenti bisognerebbe operare dei distinguo, e allora facciamolo. In questo film i personaggi sono tutti caratterizzati da sentimenti autentici che li rendono umanissimi. Poi, altrove, ci sono i sentimenti espressi nelle sceneggiature dei blockbuster hollywoodiani...Prendiamo come esempio un "filmone" attualmente in proiezione che si chiama "The help", "commedia umana" sulle conquiste sociali delle donne di colore nell'America degli anni '60...ebbene, tra l'umorismo un pò naif evocato dagli immigrati turchi in Germania e la insopportabile retorica acchiappa-Oscar delle "negre" ciacolanti c'è molto più di un abisso. Il film di cui andiamo a riferire è un gioiello di semplicità e di piacevole intrattenimento, all'insegna del sereno divertimento, che cattura il sorriso spontaneamente e senza ricatti, richiamando la partecipazione emotiva del pubblico ed evocandone perfino la commozione. E' un omaggio affettuoso e un pò nostalgico -in forma di commedia agrodolce- alle grandi migrazioni europee del dopoguerra e in particolare a quella, numerosissima, dei turchi verso la Germania negli anni '60. Confesso di non essere granchè documentato su tale flusso migratorio, per cui eviterò di scendere nei dettagli storici per non incorrere in castronerie. Però credo di aver colto lo spirito di questa rinascita industriale tedesca, di questo boom economico foriero di aspettative e di ottimismo, di questo clima che galvanizzava chiunque, compresi gli umili turchi che affrontavano questi viaggi della speranza, cimentandosi in un difficile confronto con un modello di società per loro rivoluzionario. E in molti ci riuscirono, come Huseyn, il nostro protagonista, che in terra tedesca contribuì a dare inizio ad una generazione di immigrati a cui ne seguirono altre, sempre più radicate in quei luoghi, al punto che -dopo anni di convivenza con quel modello di consorzio umano e sociale- sentivano come reciso ogni legame culturale con la propria terra d'origine. Ma per chi arrivò là per primo, fu dura da digerire. E il nostro Huseyn ("il nonno" come viene chiamato nel film) morì sentendosi più che mai turco, alla faccia di timbri e scartoffie che lo volevano cittadino tedesco. Mi piace l'idea di segnalare una delle sequenze più poetiche dell'opera, quella che mi ha definitivamente commosso. E' un finale tra l'evocativo, l'onirico e il fantastico. Il nonno è morto da poche ore; una famiglia assai numerosa da lui originata e poi allargatasi in generazioni successive si trova riunita e, per uno di quegli incanti che solo la magìa del cinema può rendere possibile, noi vediamo -ognuno accanto all'altro- tutti i protagonisti del film, di tutte le generazioni e di tutte le età che, con atteggiamento sorridente e sereno, rendono omaggio a Huseyn defunto, soprattutto fieri di farlo sul suolo turco. Ed è in questo contesto che lo stesso Huseyn (rappresentato fisicamente nella sua età giovanile) esprime un concetto che mi ha "steso" emotivamente, con un discorso semplice ma stupendo di cui non ricordo le parole esatte, ma la cui sostanza è che ognuno di noi è la somma di tutto ciò che ha conosciuto e vissuto, di tutte le persone che ha incontrato e amato nel corso della propria esistenza terrena. Una nota curiosa è poi che, nelle ultime immagini, appare una specialissima guest star (seppur frutto di simulazione al montaggio): la cancelliera Merkel, che vediamo scambiare saluti formali con l'ultimo nato della "famiglia Huseyn". Da segnalare inoltre la presenza di numerosi filmati d'epoca, presumibilmente amatoriali, che ci autano a comprendere ancor meglio lo spirito delle prime ondate migratorie nella Germania di quegli anni. Il film, pur essendo incentrato sulle varie fasi temporali della vita di Huseyn, assume i caratteri della vicenda corale, dato l'elevato numero dei componenti famigliari. Tanti i personaggi, tanti i drammi personali di ognuno, come pure gli aspetti divertenti, ma troppi comunque per poterne qui dare conto in forma di riassunto. Ci si può limitare a riferire che Huseyn a un certo punto avverte talmente forte il vincolo d'amore verso la propria terra, che decide di portare nella sua patria d'origine tutti i famigliari per una vacanza. Ed è questa la seconda parte del film, dopo che nella prima avevamo assistito all'impatto (tragicomico) dell'immigrato con la nuova realtà. Dopo una prima fase improntata ad un umorismo al contempo tenero e naif, la parte successiva declina verso il dolente e il malinconico, senza però mai perdere del tutto la vocazione a far sorridere. Ovviamente è inutile (sarebbe fatica improba) resocontare qui la lista degli attori: tutti affiatati e bravissimi, ma (lo dico con affetto) dai nomi assolutamente impronunciabili. Citazione d'onore per gli interpreti (da giovane e da anziano) di Huseyn, e per la sua impagabile consorte. E infine una segnalazione affettuosa per i bambini che compaiono nel film, con interpretazioni esilaranti nel loro declinare sui toni surreali e grotteschi di ricorrenti visioni oniriche. Un avviso che va fatto: chi si aspetta teatrini folkloristici, tipo orchestrine etniche oppure orsi che ballano, in stile Kusturica...beh, è completamente fuori strada. Questa è una storia vera, di persone e non di personaggi. Niente "colore". Ma sentimenti veri. Quelli di cui non ci si deve vergognare.
Voto: 10

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