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Tirannosauro

Regia di Paddy Considine vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Tirannosauro

di M Valdemar
8 stelle

Proiettato nell’ambito della serie di iniziative organizzate per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Tyrannosaur è l’opera di debutto alla regia del bravissimo attore Paddy Considine, del quale ne è anche sceneggiatore.
Film che costituisce, semmai ce ne fosse bisogno, un’ulteriore conferma della grande capacità della vitalissima cinematografia britannica di raccontare le condizioni di degrado in cui versano interi pezzi della società moderna, non solo quelli appartenenti alla classe sociale medio-bassa. Degrado che si riflette nel fisico, nello spirito, negli ambienti (dal grigiore delle periferie all’inquietante e mellifluo calore/colore dei quartieri ricchi), nelle paranoie collettive, e che trova la sua incandescente valvola di sfogo nella violenza, in tutte le sue forme. Stati ossessivi-compulsivi di aggressività gutturale e furiosa, che avanza a passi fragorosi con la forza cieca di un tirannosauro ferito, malato, affamato di (auto)distruzione. Il nucleo della devastazione è in se stessi: la prepotenza fisica e psicologica perpetrata ai danni di cose, animali, persone (con particolare preferenza a soggetti “deboli” quali bambini e donne) è una vi(t)a facile da imboccare per chi è ben conscio di essere un elemento riottoso, da cui stare alla larga, incapace di controllarsi; “una cattiva persona”.
Scene angoscianti di violenza quotidiana, estremamente realistiche, che non si abbandonano né ad abbellimenti né a (compiacenti, camuffanti, ammorbidenti) sovrastrutture: il ritratto della specie (dis)umana è di una durezza al limite del sostenibile, dell’esponibile, proprio perché realizzato in modo assolutamente veritiero, crudo, con la mano ferma, sicura e la mente proiettata sulle linee essenziali che configurano frammenti (r)esistenti dell’amara brutale attualità. Che è tanto “reale” quanto più la si sente distante da sé, dai propri “sicuri” luoghi di rifugio (la religione, la casa, la famiglia, l’alcool - laddove, cioè, si annidano subdolamente i pericoli maggiori), finché la degenerazione delle torture subite non deflagra nell’irreparabile. La situazione può precipitare, avere un epilogo tragico; oppure trascinarsi inesorabilmente lungo i binari a perdita d’occhio del quotidiano.
La ferocia dell’uomo non (ri)conosce confini. E la violenza sembra essere l’unica risposta alle problematiche che non smettono di tormentarlo (la perdita degli affetti; la solitudine; la dolorosa consapevolezza di ciò che si è; l’assenza delle istituzioni), di definire la sua progressiva rinuncia a uno stato “umano”. Reazioni quali odio, collera, abusi, mutano da occasionali manifestazioni in naturale espressione di sé. Nel mentre, la società “civile”, la classe politica, gli enti predisposti a gestire i bisogni delle persone, si girano dall’altra parte, mossi come tirannosauri incuranti di quello che accade da interessi “altri”.
In Tyrannosaur non c’è spazio per il compatimento né per giustificazioni fini a se stesse: la sua analisi è aspra, spietata, lucida, cruda e crudele; descrive un mondo in piena desolazione e desertificazione, dall’aria fetida e contagiosa, e del cui squallore sono permeate le piccole grandi vicende di uomini in preda alla paura e all’ira.
Film duro, durissimo, che è congiuntamente un pugno nello stomaco, un calcio stordente nelle palle e un vigoroso sbatter continuo di testa contro il muro (delle ipocrisie, del nascondersi, del voltare le spalle); non cede mai alle tentazioni del ricatto, del pietismo, del piacere e del piacersi, diretto da Paddy Considine con rigore, concretezza e misura stupefacenti, e che deve molto della sua eccellente riuscita all’interpretazione superlativa dei suoi straordinari attori.
Peter Mullan è un gigante: nel suo incedere cieco, interrotto, rabbioso, senza senso e direzione se non il delirio della violenza, con le rughe che gli scolpiscono sul volto i segni tragici di un vissuto senza sconti e di un disorientamento fatale, definisce in maniera asciutta e sempre credibile un personaggio dall’animo scosso da tremiti tumultuosi e tormenti senza pace, perversamente attaccato a sofferenze che restituisce a chi si trova sul suo balordo cammino.
Ma se la prova dell’immenso Mullan quasi non stupisce, lo fa invece la performance di Olivia Colman, che è semplicemente fantastica, in grado di alternante differenti e contrapposti sentimenti con efficacia e risultati spaventosamente realistici. La sua è una interpretazione disarmante, sincera, che colpisce e atterrisce. Terzo incomodo il grande Eddie Marsan alle prese con un ruolo esecrabile (il ricco bastardo disturbato che picchia, stupra e mortifica senza ritegno alcuno la moglie), condotto con la consueta capacità di conferire spessore e autenticità.
Non a caso considerato uno dei migliori film inglesi del 2011, e vincitore di numerosi meritati premi, Tyrannosaur è un film che non si dimentica, dal linguaggio “forte” e urgente. Un grande esordio, da non perdere.

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