Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Cronenberg riesce a confezionare un ottimo film che, nonostante una trama di per sè non certo avvincente se non per gli addetti ai lavori (e lo dico da psicologo in parte pentito..) comunque tiene incollati dall'inizio alla fine e trasmette con grande nitidezza i conflitti non solo dei protagonisti ma racconta anche della strada tutta in salita che la psicoanalisi trovò all'inizio davanti a sè. Così, accanto a una figura che comunque non viene mai delineata a tutto tondo come quella di Freud, si muovono i due veri protagonisti del film che vivono la loro peccaminosa relazione come un vero e proprio salto nel buio non solo per le loro fragili esistenze ma per il destino di teorie che rivoluzioneranno il pensiero moderno per l'intero secolo successivo. Il regista sembra quasi fare una precisa scelta di campo tra una introspezione ai limiti della pignoleria (scelta, a mio parere, perfettamente riuscita) piuttosto che seguire un flusso più movimentato e romanzato delle singole vicende umane. L'inisieme così nè risulta avvantaggiato da una essenzialità che lascia facilmente comprensibile non solo la trama ma anche la profonda inquietudine che tutti, nessuno escluso, vivono in una fase in cui non solo la storia della psicoanalisi ma la storia con la S maiuscola stavano prendendo una svolta epocale. E così i dissidi tra un giovane (e ricco, particolare non ininfluente..) Jung e un comunque ortodosso e per certi versi già anziano Freud finiranno per riflettersi nel passaggio tra una società in cerca di nuove idee e nuovi slanci e la caduta prossima ventura nel baratro della seconda guerra mondiale (ben riflesso nel discorso sugli ebrei tra Freud stesso e la giovane protagonista russo-ebrea), uno tsunami che lascerà profonde ferite anche sul fronte del pensiero occidentale e che forse toglierà per sempre alla psicoanalisi la possibilità di prendere il sopravvento sul pensiero razionale e sul comportamentismo - prossimo venturo.
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