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Source Code

Regia di Duncan Jones vedi scheda film

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La recensione su Source Code

di mc 5
10 stelle

Quando meno te lo aspetti, quando lo spettatore cinefilo deve muoversi tra le pellicole in programmazione come quando si cammina in certi vialetti dove occorre stare attenti a non calpestare deiezioni canine poste metaforicamente ad indicare brutti film, quando tra polpettoni di oltre due ore da vedere coi fottuti occhialetti e cappuccetti rossi che insultano l'intelligenza ti trovi ad optare per un bel pomeriggio in bicicletta...insomma quando tutto sembra perduto, ecco che ti arriva tra capo e collo una pellicola-gioiello come questo "Source code" che ti lascia esterrefatto per una moltitudine di motivi. E non parlo di uno di quei film usciti in poche copie nelle solite salette per saputelli che si compiacciono della propria condizione di "ultimi mohicani". No, qui si sta parlando di numeri ragguardevoli, di una pellicola che ha dato l'assalto alle multisale. E chi ha visto il film dovrà convenire che raramente accade di vedere trattato alla stregua di un blockbuster un prodotto raffinatissimo, impegnativo e che nulla ha di ammiccante. Un film che ha la sua unica forza nel proprio tremendo fascino emotivo. Un uomo (come nella miglior tradizione del cinema fantastico) si trova a vivere al centro di un incubo. E, posto questo sfondo, il talento di un regista e di uno sceneggiatore sta tutto nel rendere lo scenario in un crescendo di inquietudine ed ansia. Funzione che (rispettivamente) Duncan Jones e Ben Ripley hanno assolto come meglio non si poteva. E' merce sempre più rara una pellicola come questa dove ci viene raccontata una storia con rigore, senza fronzoli messi lì per "abbellire" o per conquistare lo spettatore con espedienti furbetti. No, questo film si presenta "nudo", nella sua essenza di una vicenda misteriosa e di un protagonista i cui caratteri si svelano progressivamente. Certo, sono presenti snodi narrativi ad effetto e qualche elemento spettacolare, ma senza strafare e comunque sempre con l'occhio puntato sul meccanismo del thriller e del mistero. Insomma un buon antidoto stimolante contro chi ci vorrebbe far fessi rifilandoci la banalità vista con gli occhialetti. Un ulteriore dettaglio depone a favore del film: i suoi 93 minuti, la durata ideale per un film del genere. Oggi poi, che si tende a produrre film interminabili nei quali spesso si allunga il brodo gonfiandoli a dismisura con sottofinali inutili. Altro graditissimo dettaglio: dei titoli di testa strepitosi. E in questo caso non tanto per la grafica, quanto per delle meravigliose inquadrature di Chicago ripresa dall'alto, tra grattacieli e grovigli di strade, immagini splendide accompagnate da un commento sonoro da pelle d'oca (curato da Chris Bacon). L'effetto è suggestivo ai massimi livelli e ci porta a certe atmosfere hitchcockiane da brivido. Sì, perchè questo è un film che, per quanto mi riguarda, ha innanzitutto saputo toccare certe corde emotive nascoste in me da qualche parte. Ci ho riflettuto e credo di aver capito in quale zona del mio inconscio certe emozioni erano sommerse. Un certo sguardo, tra l'inverosimile, il grottesco, la sci-fi e il thriller, va a pescare nelle sceneggiature di quei meravigliosi telefilm che vedevo in tv quand'ero piccolissimo, vale a dire la serie "Ai confini della realtà" (Twilight Zone), nei quali un grandissimo Richard Mathison ci raccontava storie che racchiudevano in mezzoretta dei capolavori di inventiva, di fantasia, di assurdo, di grottesco. E quelle suggestioni dove l'ignoto e la suspense si toccavano generando divertimento puro, le ho ritrovate in questo gioiello di film. Anche qui abbiamo una vicenda dai presupposti fantascientifici (un programma militare top secret basato sulla possibilità di interagire su eventi futuri) che contamina una situazione davvero quotidiana e reale, vale a dire dei passeggeri in viaggio su un normalissimo convoglio ferroviario. E funziona davvero bene il contrasto tra un mondo tipo "stanza dei bottoni" dove uno staff ad elevata tecnologia tiene tutto sotto controllo, e dall'altra parte le persone comuni che su quel vagone vivono ciascuna la propria umanissima storia. Abbiamo un pò di tutto, dall'entertainer comico allo studente, dall'uomo d'affari al programmatore...ma soprattutto abbiamo la coppia protagonista. Lui è un personaggio dapprima inafferrabile, che poi impareremo a conoscere durante la visione. Di lui percepiamo tutto il disagio: si tratta di un ufficiale americano di stanza in Afghanistan cui viene affidata una nuova identità (anche fisicamente) e viene spedito, come fosse una cavia, a compiere una missione impossibile. La ragazza, al contrario di lui (che è confuso e frastornato), è invece solare, aperta, sincera e piena di voglia di vivere. E io mi fermerei qui, alla partenza del film, anche perchè ciò che segue, per quanto ricco di risvolti affascinanti, non è semplice da raccontare. Diciamo che dopo è tutta una corsa contro il tempo da parte del protagonista per cercare di intervenire sul futuro della storia, combattendo peraltro su due fronti: quello reale, sul treno (tra i cui passeggeri si annida uno squilibrato terrorista), e quello "superiore" dove i "giochi" sono governati da un ottuso funzionario militare. Fino alla sorpresa finale, quando il protagonista scoprirà qualcosa di terribile che non vorrebbe mai aver saputo. Il film conferma in pieno il talento registico di Duncan Jones, reduce dal trionfo critico del precedente "Moon", che vedeva mattatore il mio amatissimo Sam Rockwell. Devo confessare che (colpevolmente!) mi sono perso quel film, ma giuro che, galvanizzato da questo "Source code", farò di tutto per recuperarlo. Vorrei sottolineare l'importanza dei dialoghi, tutti estremamente brillanti. Il film è infatti basato su due ordini di dialoghi. Quelli tra Sean (il protagonista) e la signora Goodwin (colei che gli parla dalla "stanza dei bottoni"). E quelli tra Sean e la sua dolce compagna di viaggio Christina. In entrambi i casi si tratta di "botta e risposta" brillanti e gradevoli, dove la banalità non trova spazio nemmeno per un secondo. Io poi, da amante di un cinema d'attori, ho la percezione che un film come questo sia un bel banco di prova per qualunque attore vi si cimenti, proprio per come viene valorizzato l'interfacciarsi con l'interlocutore. Il cast è inappuntabile. Jake Gyllenhal è perfettamente calato nella parte di quest'uomo disorientato che vede crollare ogni sua certezza. Vera Farmiga è ormai una stella conclamata di Hollywood e anche qui mostra la consueta professionalità. Molto efficace anche l'ottimo Jeffrey Wright che ci è noto per lo più come valido caratterista. E infine la più bella sorpresa del film, la graziosissima Michelle Monaghan, davvero deliziosa nel ruolo di una ragazza serena e ottimista che dalla vita si aspetta grandi cambiamenti. Segnalo a chi ancora non ha visto il film che al centro della storia c'è una medesima scena ripetuta più volte, ogni volta con dettagli modificati. E' una sorta di sfida appassionante lanciata allo spettatore, che coniuga l'enigma col thriller, la fantascienza con la scienza (precisamente: fisica quantistica). Il bello è che la riproposizione della stessa sequenza non genera affatto noia, ma al contrario produce nello spettatore un mix di ansia ed eccitazione. E mi piace concludere riportando un'impressione del tutto personale. Quando sono uscito dalla sala ho pensato che su quel treno che attraversava Chicago, mi era sembrato di esserci stato anch'io. Confuso tra quei passeggeri. Seduto non lontano da Sean e Christina.
Voto: 10

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