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The Amazing Spider-Man

Regia di Marc Webb vedi scheda film

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La recensione su The Amazing Spider-Man

di lussemburgo
6 stelle

Benché il titolo del nuovo film sull’uomo ragno si rifaccia all’originale di Lee e Ditko, la pellicola di Webb si riallaccia al reboot della serie Ultimate, che aggiorna l’inalterata iconografia del supereroe ai tempi contemporanei.

Si racconta ancora, quindi, l’intera genesi del liceale potenziato con i poteri proporzionali di un ragno con nuovo attore e ridisegnato contesto, costruendo le prime ramificazioni di una tela narrativa in via di definizione che, presumibilmente, altre pellicole porteranno a compimento e amplieranno, sullo schema dell’universo Marvel non solo fumettistico ma anche cinematografico. Ed è rispetto alle nuove leve supereroistiche dei Marvel Studios che il film di Webb arranca, cercando una strada diversa, nella solitudine dell’eroe, in una città senza altre calzemaglie in attività o supernemici in agguato.

Andrew Garfield rimane molto fedele al personaggio, lavora sulla gestualità e la sinuosità dei movimenti, la cui agilità è frenata dall’incertezza adolescenziale, e non soltanto sull’espressione sempre attonita caratteristica di Tobey Maguire (ha gli occhi marroni del “vero” Parker), sebbene l’impressionante somiglianza ad Anthony Perkins dia una luce inquietante al personaggio. Alcune dissonanze (l’uso della pellicola fotografica, il cerchietto tra i capelli) danno volutamente il senso di un aggiustamento cronologico e di nostalgia citazionistica verso le tavole originali degli Anni 60, ma è nella modernità dei cellulari e di internet, della ricombinazione genetica e della serialità televisiva che attinge materiale e alimento The Amazing Spider-Man. Parker si crea il costume cercandone gli elementi su internet come in Kick-Ass e anche nelle vesti di uomo ragno non può esimersi dall’usare il telefonino. I suoi referenti morali e sentimentali rimangono ancorati alle figure degli zii Parker, con la morte di Ben come motore del senso di colpa e di rivalsa sociale ed eroica (per il momento frustrata), e con la fragilità di May a servire da deterrente per la tentazione di fuga superomistica dalla realtà: Entrambe le figure vengono rilette in funzione della condensazione dei personaggi precedenti dei rispettivi interpreti, reduci televisivi delle fattezza dell’esemplare Presidente democratico Bartlet (The West Wing) e della mater familias addolorata e pugnace del clan Walker (Brother & Sisters).

Con un 3D di scarso rilievo, contenuto nella sua spettacolarità e riservato soprattutto per le scene d’azione, eccessivamente rapide per la visione con gli occhiali stereoscopici, il film si dedica soprattutto alla strutturazione del contesto sociale ed emotivo di Peter Parker in un perfetto teen-drama in via di definizione che va dal bullismo liceale incarnato da Flash all’attrazione romantica per Gwen Stacy, dalla difficile integrazione sociale al contrastato rapporto con le figure parentali, assenti (i genitori) o pressanti (gli zii). Come sempre è un eroe reticente, costretto all’azione da imperativi morali dominati dal senso di colpa (la responsabilità delle proprie potenzialità, la vendetta per la morte dello zio, la cura offerta al Dr. Connors che lo trasforma in Lizard) che instradano il giovane e gioviale uomo ragno verso un destino funesto di cui Ben e il Capo Satcy sono soltanto i primi assaggi.

Attento ai primi piani nelle scene intimiste e alle inquadrature d’insieme per le sequenze d’azione, Webb permette agli effetti speciali di restituire la fluidità del personaggio con movenze accurate e la ricerca della precisione iconografica delle posture, creando però fin troppo scarto tra lentezze e accelerazioni e, soprattutto, tenendo a freno la freschezza registica mostrata in (500) Giorni insieme per un prudente e controllato rispetto della sceneggiatura.

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