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The Experiment

Regia di Paul Scheuring vedi scheda film

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La recensione su The Experiment

di arkin
8 stelle

Remake dell'omonimo film tedesco del 2001, il film di Scheuring non segue-come vorrebbe la moda degli ultimi rifacimenti made in Usa di film europei- in modo pedissequo l'originale, dal quale si discosta anche negli intenti, scegliendo di non concentrarsi su una critica al potere e alla società, e portando quasi a zero l'elemento di tensione creato dai "doppi giochi" dei protagonisti e dal "dietro le quinte" con gli organizzatori dell'esperimento. 
Scheuring isola completamente i membri del suo "prevedibile massacro"e trasforma il protagonista-ben diverso dall'originale- in un uomo pacifico e pacifista che finisce coinvolto negli eventi caotici della vicenda più per un senso di spaesamento ed una ricerca di risposte al contrasto che avverte attorno a sè, che per secondi fini. 
In questo modo, lungi dal distaccarsi dall'originale(che non si nega comunque sia migliore) per mancanza di inventiva o per scelte di sceneggiatura inadeguate, il fulcro della vicenda diventa una ben differente riflessione sulla natura umana, e soprattutto sulla violenza insita in essa(quella da cui fuggiva o non trovava risposta il protagonista), e sul modo in cui nè leggi(quelle del carcere, quelle di un presunto Dio a cui il personaggio di Whitaker dice di credere, quelle sociali e morali che perdono di significato una volta lasciati liberi di agire gli uomini senza nessuno che tuteli i diritti di quanti sono sottoposti al potere di un altro...), nè compassione, nè umanità, nè risposte pacifiche o tentativi di trovare un accordo sembrano trovare soluzione, una volta innescata la miccia. 
Il finale, in cui l'uomo che tentava di resistere alla violenza in sè e fuori di sè(Brody) con una moralizzazione dell'individuo aldilà di ogni legge(che questo sia il suo tentativo si comprende dalle risposte date prima dell'esperimento, in cui dichiarava di non credere a Dio o alle regole della società, e che per lui l'unico modo di stabilirne di valide sia attraverso se stesso- e quindi la propria "umana moralità"), è costretto ad ammettere quanto i suoi simili siano lontani dal poter vivere liberi in un mondo in cui questa "libertà" non comporti caos e violenza, ma una convivenza civile di reciproca auto-regolamentazione, ma non per questo demorde, e dichiara di "dover credere che migliorerà". 
Molto meno bello, dunque, dell'origjnale, con la tensione ridotta al minimo ed un finale che-per intensità di sequenze- non regge il confronto, ma tuttavia interessante nel suo tentativo di comunicare qualcosa, e qualcosa di profondo. 
In ogni caso, e qualunque giudizio se ne voglia dare, è impossibile resistere alla bravura di Forest Whitaker ed Adrien Brody, che sono sempre perfetti.

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