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Marilyn

Regia di Simon Curtis vedi scheda film

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La recensione su Marilyn

di supadany
7 stelle

Per tratteggiare la figura iconica di Marilyn Monroe, il libro “Il principe, la ballerina e io” di Colin Clark, dal quale prende linfa vitale il film in questione, si presta benissimo, in quanto permette di mettere in campo oltre alla protagonista ripresa tra le sue ombre ed i suoi sorrisi anche qualcosa in più di collaterale, come l’esuberanza del giovane co-protagonista, i contrasti con l’imponenente Laurence Olivier e lo sfondo inglese ben più ricco (e non solo per lo stuolo di bravi comprimari presenti) di quanto non potesse offrire quello hollywoodiano.

Estate 1956, Marilyn Monroe (Michelle Williams) si reca assieme al terzo marito Arthur Miller (Dougray Scott) in Inghilterra per partecipare al film “Il principe e la ballerina” a fianco e diretta da Sir Laurence Olivier (Kenneth Branagh).

Ed il set è anche la prima, fortemente voluta, occasione per Colin Clark (Eddie Redmayne) di lavorare nel mondo del cinema.

Toccherà a lui stare vicino alla diva americana in perenne conflitto con la meticolosità di Olivier e con se stessa.

 

 

Pellicola piuttosto elementare nella struttura, ma anche ugualmente (se non di più) efficace nel dar vita ad un ritratto intimo e ricco di Marilyn Monroe  che spazia dal burrascoso rapporto di lavoro in essere, all’animo tormentato della “divina”, attraversando l’intenso e sorprendente legame che la legò per un breve periodo al ragazzo Colin Clark che riuscì meglio di chiunque altro a capirla, oltre ovviamente a prendersi l’inevitabile cotta in grado di fargli dimenticare la ragazza più semplice e graziosa che stava frequentando (interpretata da Emma Watson).

Sopra tutto risplende di luce propria l’incredibile interpretazione offerta da Michelle Williams capace di far risaltare diverse sfumature del suo personaggio, dalle sue debolezze, al bisogno di attenzioni, alla difficoltà nella recitazione, con gli occhi capaci di riempirsi di gioia nei momenti di svago con Colin e subito dopo passare alla tristezza più umana.

Esemplare in questo oltre alla fondamentale presenza di Clark anche quelle di Olivier (Kenneth Branagh) come quella più limitata di Sybil Thorndike (Judi Dench) che funzionano un po’ come il “bastone e la carota” sul problematico set (ed in quanto a grazia i due interpreti sanno di cosa si tratta).

Per il resto il film viaggia su un binario solido, ricco e discretamente ritmato per buona parte del tempo, risultando solo un po’ stringato nella parte conclusiva, probabilmente un po’ troppo precipitosa, ma rimane per lo più un’opera gradevole in tante sue sfumature che ci regala un’interpretazione sentita appoggiata su di un contesto più che soddisfacente.

Sentito.

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