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Miriam si sveglia a mezzanotte

Regia di Tony Scott vedi scheda film

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La recensione su Miriam si sveglia a mezzanotte

di degoffro
6 stelle

Prima dell’esordio alla regia di Tony Scott non si erano mai visti, a memoria, vampiri così eleganti, seducenti e patinati. Accusato fin dal suo debutto di realizzare esclusivamente un cinema spot usa e getta, Tony Scott (subentrato ad Alan Parker a cui inizialmente era stato proposto il film) fa ben poco per smentire queste accuse ma gli va riconosciuto che “Miriam si sveglia a mezzanotte” ha una raffinatezza esemplare nella messa in scena che, sia pure a tratti sfacciatamente esibizionistica, è capace di colpire e stordire, e vanta una cura formale delle immagini quasi maniacale. Horror sui generis che capovolge con audacia e disinvoltura, modernizzandola, l’immagine vampiresca consueta e consolidata, “The hunger” ha un incipit molto dark (dove il gruppo Bauhaus canta "Bela Lugosi's Dead"), reso allo stesso tempo travolgente e confuso da un montaggio serrato ed implacabile, capace di evidenziare subito al meglio l’estetica dirompente e sensuale di un’opera che vive di atmosfere decadenti e malate in cui sesso, sangue e morte si uniscono in un amplesso avvolgente, appassionato eppur gelido, crudele e spietato. E’ struggente e magnifico il personaggio di David Bowie che esce troppo presto di scena (l’immagine del suo rapido invecchiamento nella sala d’attesa dell’ospedale resta indelebile), ma anche la fulgida e provocante accoppiata Catherine Deneuve (distaccata come al solito ma perfetta proprio per la sua aria aristocratica nei panni della vampira condannata all’eternità) e una disinibita e generosa Susan Sarandon è entrata di diritto negli annali della storia del cinema per una celebre, ipnotica e furba sequenza lesbo tra tende e veli di seta svolazzanti (pare però che la Deneuve abbia usato una controfigura ed infatti Susan è decisamente più a suo agio) a regalare un erotismo spregiudicato, quasi artistico, molto glamour ma per nulla scabroso. Ottimo l’accompagnamento musicale con diversi pezzi di musica classica che vanno da Bach a Schubert passando per Ravel, funzionale il romanticismo melodrammatico che impregna la vicenda, spezzato da improvvisi squarci quasi splatter con i brutali delitti compiuti dalla coppia di vampiri per assecondare la propria fame, ma il racconto è appesantito da dialoghi ridondanti, da un ritmo a volte prolisso e soprattutto da tutta la parte finale che è affrettata e disordinata con metafore anche fin troppo esplicite a rivelare la cronica debolezza e le ingenue pecche di uno script abbastanza abborracciato e velleitario che nemmeno le scelte di una visionaria e virtuosistica regia, sempre abile a creare giochi di luce suggestivi, ma alla lunga un tantino leziosi e sterili, riescono a nascondere. Con tutti i suoi limiti conserva comunque un suo innegabile fascino magnetico ma ad essere onesti “The addiction” di Ferrara è decisamente di un altro pianeta. Tratto dal libro “The hunger” di Whitley Strieber (un altro suo romanzo era alla base di “Wolfen – La belva immortale”), ha dato vita anche ad una serie televisiva. Partecipazione fugace ma riconoscibile di Willem Dafoe (uno dei ragazzi alla cabina telefonica). I costumi sono di Milena Canonero. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes fu un clamoroso fiasco commerciale. Voto: 6

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