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Habemus Papam

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Habemus Papam

di tafo
7 stelle

L’acuta assenza e la profezia, l’umana fragilità dei vivi e il vuoto incolmabile dei morti. La crisi di Melville sta tra l’incapacità di succedere ad un predecessore pesante e amatissimo e nella previsione della rinuncia e del rifiuto conseguente. Moretti arriva all’inattualità del potere della chiesa attraverso il percorso esistenziale travagliato del suo simbolo che solo fuori dal conclave, con i vestiti borghesi, capisce che non può svolgere il compito affidatogli dagli altri cardinali. La fuga di Melville dal balcone di Pietro lascia tutti nel limbo, anche il più bravo degli psicanalisti chiamato per risolvere la questione. Bisogna far passare il tempo nella speranza che il pontefice assente dal trono e assente dal vaticano si riprenda e liberi il conclave. Il regista riesce a graffiare nel mostrarci il volto di un potere sospeso che non ha nessun volto da mostrare. La ferocia di altri film del nostro ha lasciato il posto ad una umanità debole e incerta popolata da figure di secondo piano impauriti dall’opportunità di andare in primo piano. Rivivere il proprio passato di attore per capire di non poter recitare di fronte ai fedeli è la scossa finale per un uomo che vuole scomparire lasciando il balcone vuoto. Sguardo laico e umanissimo su un potere che deve trovare il suo nuovo simbolo mediatico prima che religioso. Al regista non interessa l’aspetto politico del conclave, la nomina di Melville arriva perché gli altri pregano Dio per non essere eletti. Il nostro realizza il suo film meno personale entrando con rispetto laicale e mai anti-clericale nell’ultimo luogo inviolabile della società dell’accesso. Nel mondo dove l’abito fa il monaco se il ruolo non può essere rispettato e ogni visibilità è negata esporsi diventa rischioso. Il regista si ritaglia per se una parte troppo spezzettata, sempre interrotto riesce a far ridere ma mai ad essere blasfemo, sceglie di non essere il centro del film e non riesce a terminare dialoghi e giochi. Rimane in positivo la capacità di smontare i meccanismi della rappresentazione televisiva con la confusione ammessa dall’intellettuale di turno. Cosi come l’invasione, secondo me più onirica che reale, del teatro da parte dei cardinali orfani da tre giorni del loro Papa. Siamo di fronte ad un film di Moretti poco morettiano dove l’attore si defila per far posto al regista, un opera rispettosa che per essere corretta si autolimita troncando ogni discorso su fede e ragione.

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