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Habemus Papam

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Habemus Papam

di scandoniano
8 stelle

Nanni Moretti, scrive, dirige ed interpreta “Habemus Papam”, co-produzione italo francese che prova ad aprire gli occhi sui poteri smisurati della Chiesa.
Al conclave per la scelta del nuovo pontefice, il cardinale prescelto Melville (Michel Piccoli), va in crisi e necessita di un aiuto. Viene chiamato l’esperto psicanalista Brezzi (Nanni Moretti), che proverà a capire il disagio di Melville; ma quando il papa scappa, cominciano a realizzarsi numerose risultanze, in seguito alle quali l’altero e semi-onnipotente sistema clericale comincia a sfaldarsi, mostrando il suo versante fragile e vulnerabile, quello che è proprio dell’animo umano.
Ed proprio sulle dualità uomo-prelato, umano-divino, ordine-caos che il film si basa, interrogandosi su un punto: cosa accade quando in un gruppo particolarmente elitario e coeso accade qualcosa di destabilizzante, magari proprio durante il rituale atto a legittimare e perpetuare tale esclusività e tale coesione? La risposta di Moretti è secca e sottolinea l’assurdità del sistema stesso (e lo smarrimento di Melville a contatto con la vita reale, priva dei punti fermi a cui il sistema-Chiesa lo aveva abituato, ne è la più tangibile testimonianza)… A questo punto, si staglia la figura del diabolico portavoce del papa, a cui tocca l’ingrato e disperato compito di provare a mantenere prima e ripristinare poi lo status quo della chiesa, faticosamente guadagnato nei secoli, attraverso menzogne sempre meno arginabili.
Il parere dell’autore sulla possibilità che tale sistema si perpetui all’infinito sta nell’emblematica ultima sequenza, in cui ritornano alle orecchie le parole del Moretti-psicanalista, che aveva chiesto di scindere uomo e pontefice: proprio il prevalere del primo sul secondo consente a Melville di rinnegare, direttamente dal balcone di Piazza San Pietro e senza mediazioni altrui, il suo ruolo, mettendo in crisi, stavolta senza possibilità di intercessioni e di menzogne, il clero tutto.
Altro tema forte del film è il rovesciamento delle prospettive: contemporaneamente si vede un papa che gira in autobus cercando di assecondare le proprie passioni (il teatro), una guardia svizzera, notoriamente votata alla disciplina, che fuma e mangia a piacimento in una stanza iper-confortevole (quella del pontefice) e i cardinali, abituati a un regime di privilegi sì, ma anche di aderenza assoluta al sistema, a fare sport, la disciplina competitiva per antonomasia, stressandosi per raggiungere un risultato (tra l’altro proporzionato ad impegno e capacità). Un mondo rovesciato, insomma. L’unica cosa che rimane costante è il ruolo del giornalista, descritto da Moretti come servile e ignorante (ce ne sarebbero di discorsi da fare in tal senso, specie sul ruolo del cosiddetto “vaticanista”).
Nel complesso Moretti un po’ finisce per buttarla in caciara, perdendosi in allegorie ipertrofiche; ed inoltre esiste un’evidente discrepanza nella storia: nonostante ce ne siano i presupposti, perché al portavoce non viene in mente di fare un altro conclave e lasciare il papa-codardo al suo destino di uomo comune?
Non il migliore né il peggior prodotto di Moretti, ma un film coraggioso, come di recente sempre più spesso sta accadendo all’interno della sua filmografia.

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