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I misteri di Lisbona

Regia di Raoul Ruiz vedi scheda film

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La recensione su I misteri di Lisbona

di port cros
8 stelle

Sontuoso melodramma in costume nel Portogallo ottocentesco, concepito come un gioco a scatole cinesi, in cui a volte ci si smarrisce in un intrico di una miriade di trame, ma sempre si rimane affascinati dalla ricercatezza ed eleganza della messinscena.

Balancing Act

 

 

VOTO: 7,5 su 10

 

Ultima opera completata dal regista cileno (dagli anni 70 cittadino del mondo) Raul Ruiz,  legato al Portogallo dalla lunga collaborazione col produttore Paolo Branco, Mistérios de Lisboa è un sontuoso melodramma in costume, fruibile come unico film di quattro ore e mezza o, più agevolmente, come una miniserie di sei episodi di 50 minuti circa. Basato sul romanzo omonimo di Camilo Castelo Branco, è un'immersione in un incredibile intrico di intrighi dell'aristocrazia nella Lisbona dei primi dell'Ottocento, al termine dell'invasione napoleonica.  

La vicenda inizia con João, il "bambino senza nome" (questo il titolo del primo episodio della serie) accolto in un orfanotrofio gestito dal compassionevole padre Dinis, ma sfottuto dai compagni in quanto non se ne conoscono le origini. Nel corso della prima puntata scoprirà di essere figlio di una misteriosa contessa tenuta segregata dal marito, il Conte di Santa Barbara, nel suo lussuoso palazzo. La donna approfitta della temporanea assenza del marito per cogliere l'opportunità, grazie all'attenta sollecitudine del prete, di visitare il figlio malato: gli regala un ritratto ed un diorama di un teatro, oggetto di cui il giovane non si separerà mai e che tornerà ad apparire in tutta l'opera a presentarci i vari personaggi sotto forma di figurine su un proscenio di cartapesta. 

 

 

La serie di dipana come un gioco di scatole cinesi: invece di concentrarsi in maniera lineare sulla vicenda di João, che in realtà si chiama Pedro, e della madre, che rimane una sorta di filo conduttore fino all'epilogo, si dedica piuttosto ad esplorare i misteri dell'esistenza di ciascuno dei personaggi che i protagonisti incontrano. Se dapprima scopriamo le circostanze della nascita di João/Pedro (figlio della relazione proibita con un giovane spiantato) e del successivo matrimonio forzato della madre col Conte, di lì in poi è tutta una proliferazione di digressioni sulle storie dei comprimari della vicenda principale: dallo stesso padre Dinis dal passato turbolento, al bravaccio Mangia-lame che il padre della contessa utilizzava per i "lavori sporchi", alla suora del convento ove si rifugia la contessa rimasta vedova,  alla vicenda dei genitori del padre Dinis e così via. Ciascuno di loro ha vissuto un'esistenza tormentata, segnata dall'intrigo e dal conflitto tra le ragioni del cuore e quelle delle convenzioni che regolavano le relazioni sociali e soprattutto matrimoniali all'interno della nobiltà lusitana. C'è pure una digressione francese con protagonista Léa Seydoux, oggetto del desiderio conteso tra il giovane padre Dinis (non ancora prete), un suo fratello adottivo francese ed un ufficiale napoleonico. 

 

 

 

Costruito proprio come un feuilleton ottocentesco, il complesso affresco di Ruiz è un continuo affastellarsi di flashback e di incroci del caso, in cui personaggi cambiano frequentemente vita e addirittura nome, riapparendo in episodi successivi completamente diversi da come li avevamo conosciuti (vedi la metamorfosi del truce sicario Mangiacoltelli nel distinto Alberto de Magalhães). Inoltre le vicende di personaggi incontrati in una puntata tornano ad intrecciarsi con quelle di altri, sulla prima apparentemente separati, creando un fittissimo intrico che si dipana su un piano temporale di alcuni decenni. Una concatenazione che rischia di apparire certamente artificiosa, ma, come afferma Padre Dinis: ‘nella vita, ci sono eventi e  coincidenze di tale stravaganza che nessun romanziere oserebbe inventarli" . Va detto che oltre la metà il modello narrativo a scatole cinesi inizia a risultare ripetitivo e l'effetto di meraviglia a scemare (forse con un episodio o due in meno la serie sarebbe stata perfetta) e ci troviamo a chiederci se non sarebbe meglio tornare a Pedro. Comunque Ruiz riprende le fila della sua vicenda nel sesto episodio, col protagonista cresciuto, per chiudere il cerchio con un finale enigmatico. 

 

 

 

 Se a tratti ci si sente persi in una trama labirintica di amori contrastati od impossibili, padri spietati, adulteri, tresche, figli bastardi da occultare, complotti di corte, gentiluomini misteriosi, duelli per lavare il disonore, si rimane sempre incantati dalla splendida ricostruzione d'epoca coi vestiti sfarzosi, le carrozze, i balli a palazzo, le opulente magioni ove il regista compone veri e propri quadri in movimento, che possono ricordare il Barry Lindon di Kubrick, con la macchina da presa che carrella da una sala all'altra.

Ruiz dirige privilegiando il campo lungo per immergere i personaggi nel loro ambiente aristocratico, adottando uno stile sontuoso  e pittorico, caratterizzato da una ricercatezza estrema nella costruzione dell'inquadratura. Ricorrente è l'inquadratura dei personaggi in cornici rappresentate da finestre, porte o tendaggi. Così, quando nel secondo episodio ci mostra lo scontro fisico tra due nobiluomini riprendendo una carrozza dall'altro lato rispetto a quello dell'azione, mostrandoci solo quello che appare attraverso il riquadro dei finestrini della carrozza.

 

Mysteries Of Lisbon

 

Si diverte inoltre a mostrarci la servitù intenta ad origliare i discorsi dei padroni dietro le porte o a spiarne i movimenti attraverso porte-finestre; oppure un monaco chiude la finestrella della sua cella per svelare l'inconfessabile segreto del suo passato; quando al termine del racconto la riapre, tre monaci stanno fuori ad origliare, non tentando nemmeno di nascondere la loro presenza. Pertanto i misteri sono lungi dal restare tali, diventano bensì oggetto di curiosa osservazione  sul palcoscenico di uno spettacolo teatrale, come nel diorama di Pedro, in cui i nobili sono figurine di cartone.

 

 

 

 

 

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