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Il responsabile delle risorse umane

Regia di Eran Riklis vedi scheda film

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La recensione su Il responsabile delle risorse umane

di giancarlo visitilli
4 stelle

Dopo il bel Il giardino di limoni (2008), dal regista Eran Riklis ci si aspettava un adattamento del romanzo di Yehoshua (da cui è tratto il film) più complesso, che mettesse in risalto quella tipicità e forza di una scrittura come quella di Yehoshua, che consiste soprattutto nell’utilizzo della metafora. Ma non così avviene per il sufficiente Il responsabile delle risorse umane, che racconta della morte di una straniera, durante un attentato a Gerusalemme. I datori di lavoro, unici suoi conoscenti, per una serie di combinazioni rimangono all'oscuro dell'accaduto e tardano a riconoscerne il cadavere. Per evitare la diffusione della notizia per mezzo della stampa, che possa mettere in cattiva luce l'azienda, la proprietaria manda il responsabile delle risorse umane ad accompagnare il feretro nel paese di origine della donna.

Riklis strizza troppo l’occhio alla coppia Dayton/Faris (Mr Little Sunshine, 2006), vanamente. Il suo

pellegrinaggio on-the-road, nel pulmino, innanzitutto non ha la stessa combriccola che attornia la piccola protagonista che va al concorso di bellezza. Si tratta di personaggi che non emozionano, affatto, anche quando ci si sforza di mostrare la banalità dell’immagine della donna defunta, per mezzo di un cellulare; non desta neanche il riso, anche nelle situazioni più grottesche. Anzi, rispetto al romanzo di Yehoshua molti protagonisti vengono banalizzati, come accade nel caso del giornalista, nel film diventato un imbecille. Del pellegrinaggio si apprezzano gli straordinari paesaggi, valorizzati per mezzo di una bella fotografia, ma non i personaggi, assolutamente irreali: è possibile che il responsabile delle risorse umane, lungo il percorso, incontri solo religiosi impeccabilmente nero vestiti? Per dire cosa, che si tratta di un semplice viaggio in compagnia della morte? E dove finisce il racconto della premessa, quando il film lascia intuire la situazione attuale fatta di bombe, attentati suicidi del conflitto israelo-palestinese, di guerra fratricida, di immigrazione e di povertà, in cui finalmente Israele si confronta con una realtà nuova per una nazione che in questi ultimi anni ha fatto della chiusura una sua priorità? Avevamo capito male. Fatto sta che, dopo soli dieci minuti, Riklis smorza i colori e la caduta di tono (non ne parliamo di stile) si avvertono. E le restanti un’ora e mezza pesano. Il pensiero è a casa, dove ognuno ha le proprie “risorse umane” alle quali badare.

Giancarlo Visitilli

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