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Confessions

Regia di Tetsuya Nakashima vedi scheda film

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La recensione su Confessions

di giancarlo visitilli
8 stelle

Vendetta, violenza cieca e visione agghiacciante. Sono gli ingredienti dell’ultimo lungometraggio del regista giapponese Nakashima Tetsuya, apprezzato e premiato in Italia, al Far East Festival di Udine, una Nomination all’Oscar come Miglior Film in Lingua Straniera.

La storia è quella di Moriguchi, insegnante in una classe del primo anno delle superiori, che ha deciso di smettere di tentare di mantenere l’ordine in aula. Tra il vociare degli studenti, per lo più distratti dal mandare sms e dal gioco, questa donna sola e determinata pronuncia il suo discorso d’addio, la sua dichiarazione d’intenti, il suo piano di riscatto. Indirizzandosi alla classe, l’ultimo giorno di scuola, parla in modo pacato e preciso. La ragione per cui è così calma deriva dal fatto che ha preso una ulteriore decisione, lasciare il suo lavoro per vendicarsi di quelli che le hanno distrutto la vita. Nello stesso anno, sua figlia è stata trovata morta, a faccia in giù nella piscina della scuola. La polizia ha archiviato la morte della bambina come incidente fortuito, ma Moriguchi è convinta che le cose siano andate diversamente e, improvvisandosi detective, smaschera gli assassini e dirige in maniera lucida e glaciale la sua vendetta.

L’adolescenza è un’età di grandi tormenti, non solo perché abitata da grandi figure di tormentatori, fra cui gli insegnanti. E’ anche l’età in cui è possibile che quell’insensatezza del male cammini fianco a fianco con una visione nichilista della vita. Proprio perché si è alla fine dell’età del gioco e l’inizio di quel cammino ch’è la vita. Dal vero.

Ma Confessions é una meditazione più complessa e ampia, non solo sul male e sulla sua banalità, sul cinismo. Si tratta di una presa d’atto di quanto ormai tanta violenza, sebbene inaudita, è quasi sempre gesto gratuito e completamente vuoto di senso. Differente, invece, il gesto vendicativo dell’insegnante che, sebbene inaccettabile e anche detestabile, sarà un modo per far comprendere ai suoi studenti il valore della vita, attraverso il pericolo della morte: l’insegnante dirà ai suoi studenti di averli contagiati con del sangue infetto da HIV.

Confessions è un capolavoro estetico, dal forte impianto visivo, accattivante, ricercato ed elegante. La fotografia la fa da padrone, insieme ad un montaggio superbo che sembra ricostruire geometricamente un sistema iper-virtuale. Invece, si tratta di una maniacale armonizzazione di inquadrature perfette e studiate, che fanno un tutt’uno con lo stesso racconto, diviso in capitoli, ognuno dei quali coincide con la “confessione” di uno dei protagonisti, che si muovono tutti attorno al medesimo evento. Alla fine non c’è salvezza per nessuno, alcuna redenzione o espiazione. L’unica e sola possibilità per tutti, quello di diventare carnefici. Intanto la sofferenza è lacerante ed iniettata al rallenti, come nelle moltissime sequenze del film che son fatte apposta per insinuarsi fin nell’epidermide di chi vede e con-partecipa. Specie se ad accompagnare tale confessione e stati d’animo sono le parole e la musica, anch’esse come trascinate, di Last Flowers accennate e appena sussurrate da Thom York, a tutti gli effetti parte integrante della pellicola.

Quest’ultimo lavoro, così raffinato, di Nakashima, distante moltissimo dal precedente Kamikaze Girls, lascia l’amaro in bocca per una fine che si vorrebbe non arrivasse mai. Specie dopo centosei minuti di un cinema di rara bellezza e fascino, ma dall’inaudita violenza. Che semmai, rende triste, ritrovarsela così dal vero, fuori delle storie in pellicola.

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