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Il grido della civetta

Regia di Jamie Thraves vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Il grido della civetta

di Marcello del Campo
6 stelle

Il grido della civetta (romanzo di Patricia Highsmith dal quale il film è tratto) comincia con una prima parte di sapore Peeping Tom: Robert Forrester (Patty Considine), in crisi per il fallito matrimonio, depresso dal rumore della grande città, si aggira in macchina come un fantasma alla ricerca di un posto tranquillo. Lo trova in periferia: una tranquilla casetta nel bosco, una donna intenta a lavori domestici. Frequentare quel posto, osservare la donna, diventa un’abitudine, forse una dipendenza che Robert non riesce a dominare, a costo di tralasciare la compagnia di Jack Nielson (Gord Rand), l’unico amico che gli è rimasto. La scopofilia di Robert è innocua, potremmo definirla sentimentale: guardare la donna, godere la vista di una persona normale, tranquilla, felice forse, a giudicare dalla presenza non fissa ma frequente, nella casa, di un giovane, non si capisce se un boy-friend o un semplice amico.

L’attività di flaneur-voyeur di Robert continua fino a quando, scoperto dalla donna, Jenny Thierolf (Julia Styles), esce allo scoperto da dietro l’albero dove è solito ripararsi e, con modi affabili la convince che non è quello che lei pensa, che non ha cattive intenzioni, che da molto tempo ha cercato conforto nella idilliaca contemplazione di una vita felice.

Jerry prova sentimenti ambigui per l’uomo che guarda, in un certo senso ne è attratta, qualcosa in lui muove in lei una simmetrica ragione di pace esistenziale.

La relazione che si instaura tra i due è apparentemente platonica poiché in Jenny preme una voglia di vivere e amare che non corrisponde altrettanto simmetricamente alla cupio dissolvi di Robert, nonostante la donna faccia tutto il possibile per risvegliare nell’uomo capacità sentimentali e virili, spente da vicissitudini famigliari e da un fondo oscuro che alberga in lui, simile al fruscio notturno delle foglie sugli alberi e dall’ominoso grido del gufo che lo ha accompagnato nelle lunghe notti di voyeur melanconico.

Questa è la superficie delle cose: la realtà è diversa.

La relazione tra Robert e Jenny fa scattare la gelosia dell’uomo che sembrava l’amico della donna, Greg Wyncoop (James Gilbert), un volgare ragazzotto di campagna, il quale, defraudato di una possibile relazione sessuale con Jenny, dopo avere picchiato Robert una prima volta, gli tende un agguato mortale in riva a un lago. Robert, uscendo dall’apatia, sfodera una risposta di sopravvivenza, ha la meglio su Greg, potrebbe affogarlo, ne ha la tentazione, poi il buon senso gli consiglia di lasciarlo tramortito e fradicio sulla riva.

Il giorno dopo, la polizia fa visita a Robert: Greg è scomparso, non si trova il corpo.

 

Dopo una prima parte che somiglia a una gothic-novel, la seconda parte del romanzo è puro thriller targato Highsmith: gente che bussa alla porta, come recita il titolo di un altro suo romanzo.

Chi è realmente Robert Forrester? Perché qualcuno gli ha attaccato addosso lo stigma dell’uomo che porta la morte? E se questo qualcuno è la sua ex-moglie, la perversa alcolista, la perennemente insoddisfatta Nickie Grace (Caroline Dhavernas), qual è la molla che la spinge a vendicarsi di Robert?

 

The Cri of the Owl di Jamie Thraves riduce un grande romanzo di raffinata psicologia comportamentale a una strafottente riduzione, tagliandone una buona prima metà, e immergendo il resto in una soluzione thriller di garbata realizzazione e di facile consumo. Va anche ricordato che la versione traditrice di Claude Chabrol, Il grido del gufo (Le cri du Hibou, 1987), non sortì un film all’altezza del romanzo.

Buona prova, comunque, di Patty Considine e Julia Styles

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