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Il Grinta

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Il Grinta

di mc 5
10 stelle

Basterebbero, a giustificare il prezzo del biglietto, i pochi secondi iniziali in cui, con l'immagine di un cadavere sui cui cade una neve leggera, la voce fuori campo dice che "A questo mondo nulla è gratuito, tranne la grazia di Dio". Oppure, ancor di più, quei 10-15 minuti finali in cui una signora col piglio da zitella un pò acida ripercorre alcune tappe del proprio passato e riflette sul tempo che fugge. E' un finale meraviglioso che suggella un capolavoro assoluto. Nel giudicare un'opera di questa portata, lo voglio premettere, non mi porrò certo il problema dell'obiettività, tanta era l'emozione che avevo nel cuore al momento di abbandonare la sala. Si contano sulle dita di una mano i registi disposti oggi a confrontarsi con un genere - il western- ormai decrepito e senza più senso. Ovvio che da due geni come i Coen non ci si poteva aspettare un "Balla coi lupi", o comunque qualsiasi banalizzazione in chiave liberal-correct. Qui, nonostante si viaggi sull' immaginario di John Wayne e dello stesso romanzo originario condiviso con l'altro film del 1969, non ci viene presentata un'epopea coi suoi classici di repertorio. Niente pellerossa e niente saloon. Qui ci viene proposto un viaggio nei sentimenti di un pugno di uomini e di una ragazzina. Niente sfide all'Ok Corral, ma un'indagine emozionante sui valori che dividono gli uomini (la vendetta, l'egoismo, l'avidità, l'orgoglio) e quelli che invece li uniscono (lealtà, generosità, giustizia). Tutto questo attraverso due ore di un film poderoso, massiccio, quasi ingombrante nella sua ruvida possenza; i Coen si sono davvero spesi come forse mai avevano fatto finora, per realizzare questo fiume che scorre impetuoso e gorgogliante per 110 minuti. Ciò che mi sento di dire da cinefilo appassionato è che i Coen condividono con gli altri due miei cineasti di riferimento (Woody Allen e Clint Eastwood) una cosa su tutte e che muove molte delle loro scelte artistiche: vale a dire sono tutti formidabili conoscitori della natura umana e delle sue infinite debolezze. Essi raccontano gli errori degli uomini ma anche l'attitudine di molti di loro al riscatto e soprattutto a bilanciare la fallibilità con la fatale necessità di sentimenti quali l'amore e l'amicizia. Raccontano dunque moti dell'anima universali in cui ogni spettatore può riconoscersi. Ci si può interrogare, come qualcuno ha fatto, se alla base di questo racconto ci sia uno sguardo pessimista oppure ottimista. Secondo me (come pure senz'altro in Allen e parzialmente in Eastwood) a prevalere è la tesi negativa, perchè qui si parte da un omicidio da vendicare e l'obiettivo viene raggiunto ma a caro prezzo, dopo un susseguirsi di sacrifici umani ed eventi dolorosi. La ragazza protagonista ne uscirà gravemente menomata, oltretutto precocemente invecchiata dalle vicissitudini di una vita drammatica e non riuscirà a riunirsi coi suoi due vecchi compagni di avventure, prigioniera dei suoi ricordi. Ma questi ricordi non potrà condividerli con nessun altro e continuerà a rimuginarli negli anni. La sequenza finale, quando la vediamo allontanarsi all'orizzonte mentre ascoltiamo le sue malinconiche riflessioni sul tempo che le sfugge, è qualcosa di poetico ed emozionante. E proprio con ancora negli occhi quelle splendide immagini conclusive, mi ritrovo a fare una considerazione. Il cinema dei Coen (e di nuovo ciò è condivisibile con Allen ed Eastwood) ha questa sorprendente capacità di sposare in modo sublime uno stile e un impianto classico con un cinema straordinariamente moderno. Il cinema del passato che indica la strada a quello del futuro, sfiorando un trascurabile presente. Un cinema popolare che è anche esperienza di "viaggio". Sì, viaggiare, evitando le buche più dure...quelle di un cinema di nicchia che compiace solo sè stesso e il sadomasochismo che alligna in certi cinefili vanitosi e narcisi. La vicenda è importante, ma fino ad un certo punto, anzi potremmo definirla tutto sommato prevedibile. Storie di uomini di frontiera, induriti dalle cavalcate al sole, che hanno sempre un torto da raddrizzare. Ma quello che conta, molto più della storia, è l'assoluta e superba maestria con cui i fratelli Coen hanno dato carne sangue e pensieri ai protagonisti di questo film. La storia la possiamo frettolosamente sintetizzare così: una bambina rimasta orfana del padre punta tutto sulla ricerca del suo assassino, e per questo si affida a un burbero sceriffo piuttosto male in arnese e a un ranger del Texas vagamente dandy. Quello che invece è impossibile rendere attraverso le parole è l'anima di quei personaggi, frutto di caratterizzazioni magistrali che si ottengono sommando sceneggiatura e dialoghi entrambi d'acciaio a interpretazioni che definire eccelse è ancora poco. Cominciamo da un ottimo Matt Damon, qui in una delle sue performance più alte. Peccato che (è l'unico rammarico che questo film mi lascia) uno dei miei attori prediletti, Josh Brolin, appaia in realtà per pochi minuti, troppo poco per un attore del suo talento. Da brivido (davvero) il debutto di questa specie di angelo con le trecce nere che si chiama Hailee Steinfeld: due occhi innocenti ma implacabili che fissano dritto il suo interlocutore, due occhi che ogni spettatore faticherà a dimenticare. Per lei scontatissimo ipotizzare un futuro più che luminoso.  Quanto a Jeff Bridges, io non ho parole. Posso solo dire che attualmente è il mio attore preferito in assoluto, e che in questo ruolo di anziano sceriffo bastardo e alcolista, ma dal cuore buono, offre una prova monumentale. A proposito della quale, vorrei replicare a chi ha osato sostenere che Bridges largheggia in "gigioneria". Trovo piuttosto grave scambiare per "gigione" un attore che fa un punto di forza dell'utilizzo magistrale di una gamma infinita di sfumature e dettagli anche minimi che attengono alla fisicità e alle posture. Nonostante il doppiaggio (peraltro di ottimo livello) ci privi della voce suggestivamente cavernosa dell'attore. L'anno scorso Bridges era raggiante impugnando l'Oscar vinto per "Crazy Heart": quest'anno quella statuetta se la merita ancora di più. In bocca al lupo, Jeff!
Voto: 10

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