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We Want Sex

Regia di Nigel Cole vedi scheda film

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La recensione su We Want Sex

di laulilla
8 stelle

Film da conoscere, né tragga in inganno il titolo: le donne che vengono raccontate nel film non cercano sesso, ma si battono per la parità, quella del salario innanzi tutto, perché sembra ovvio che alle stesse mansioni debba corrispondere la stessa paga per uomini e donne. Chi ama la giustizia e la parità dei diritti lo apprezzerà.

 

Il film tuttavia ci ricorda che da pochi decenni, dopo lotte dure e difficili, questo principio di giustizia elementare è stato raggiunto in Europa, e neppure dappertutto, se è vero, come sappiamo dalle inchieste e dai dati statistici più recenti, che in Italia il lavoro femminile è meno retribuito di quello maschile ed è anche molto più precario, in questo tempo di Covid e di pandemia.


Attraverso il racconto del film, inoltre, emergono in tutta la loro attualità gli altri problemi della donna lavoratrice: il basso salario fa comodo anche ai mariti, che per lo più mantengono saldamente nelle loro mani il ruolo del capo famiglia cui competono le decisioni, mentre alle donne spettano le camicie da lavare e stirare, la cura dei figli, il carico delle nevrotiche ossessioni dei maschi di casa.


Questa condizione faticosa e ingiusta attraversa i più diversi settori della società: nel film riguardava le operaie della Ford a Dagenham, protagoniste della storica rivolta del 1968, così come le mogli dei dirigenti della medesima fabbrica, perché, anche se si erano brillantemente laureate a Cambridge, per il marito continuavano a essere elementi della casa, utili per servire, con grazia, alla tavola degli invitati più importanti, quel particolare piatto...


Non per caso, dunque, si era creata, fra le donne, una solidarietà che prescindeva dall’appartenenza sociale, grazie alla quale le operaie sarebbero state in grado di resistere in sciopero, nonostante tutto, ovvero nonostante l’opposizione dell’intero universo maschile, da quello padronale (ovvio) a quello familiare (ovvio) a un consistente segmento di quello sindacale (molto meno ovvio) a quello politico del Labour Party - al potere in Gran Bretagna in quel momento - e in cui un solo ministro (donna) aveva accettato di prendere in mano la questione per arrivare a un accordo. 

 

Sebben che siamo donne...

 

Impressiona nel film la determinazione di queste donne, la voglia di lottare senza lasciarsi intimidire dalle minacce dei dirigenti che avevano fatto intendere di essere pronti a “delocalizzare” la produzione delle auto (ricorda qualcosa di recente questo discorso...) creando disoccupati in Gran Bretagna, se le operaie non avessero rinunciato alla parità.


Eppure, sarebbero bastate poche e commosse parole della loro leader, Rita O’ Grady (Sally Hawkins), perché anche la più fragile di loro respingesse orgogliosamente il ricatto divisivo del padrone – la promessa di un futuro da modella – attraverso la scritta che, sul suo ventre nudo, gli ricordava che l’obiettivo era  la lotta per la parità.

 

 

Tutto questo è detto con grande semplicità dal regista, che non è, né vuole rassomigliare a Ken Loach, ma che nei toni leggeri di una commedia ben recitata, dirige ottimamente un cast che ci racconta un’importantissima pagina del nostro passato.  

Siamo davvero sicuri che non ci riguardi ancora?

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