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Piccole bugie tra amici

Regia di Guillaume Canet vedi scheda film

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La recensione su Piccole bugie tra amici

di Kurtisonic
4 stelle

Dopo aver lasciato l'amico di tutti in fin di vita in ospedale, un gruppo di ultratrentenni omologati se ne va in vacanza per nascondere i propri egoismi. Si accorgeranno di essere vuoti?

“Perchè noi due non siamo mai stati insieme? Ecco ogni volta che vieni mollato ricominci..
Ma se scopi con tutti meno che con me. Sono anni che ci conosciamo”  (Dal film)

 

Quattro anni dopo il riuscito thriller Non dirlo a nessuno, il regista attore Guillame Canet ci riprova con la rimodellazione di stili e linguaggi d'oltreoceano che nel caso di quel lavoro gli ha fatto ottenere meritati consensi. La struttura operativa di base del nuovo lavoro sembra essere lo spin off del precedente partendo dalla prima inquadratura. Coppie di amici in vacanza al mare, intorno ad un tavolo che decidono il da farsi. Canet me lo immagino insieme agli sceneggiatori con rispettive partner che la butta lì a sorpresa: facciamo una commedia melodrammatica? Importano spudoratamente storia e struttura di Il grande freddo (1983), si tenta di europeizzare lo stile e ne viene fuori un prodotto piatto e piuttosto anonimo. Direi vuoto. Sarà che l'uscita di scena degli insuperabili maestri del genere quali Rohmer, Chabrol, Rivette etc ha aperto una voragine sotto i piedi dei cineasti francesi che vogliono modernizzare la commedia da un bel pezzo, ma con film come Piccole bugie tra amici sembra che chi ne ha raccolto l'eredità non guardi al passato che gli appartiene ma che invece tenti di rifarsi a modelli che hanno precise peculiarità che non possono adattarsi facilmente a realtà diverse. Il dialogo infittito di particolari da cui emergeva lo stato d'animo del prototipo nouvelle vague viene sostituito dalla frammentazione, l'apparente staticità dell'azione e la sua forza improvvisatrice vengono scambiate con la plasticità delle situazioni, e con un’esagerata chiarezza corroborata da una colonna sonora ideologicamente generazionale, lontana e stonata rispetto a quelle musiche ammalianti nate per scontrarsi con la sottocultura materialista americana. Canet che adopera al solito cast di ottimo livello si affida più che a Marion Cotillard, ai toni sopra le righe di Francoise Cluzet, l'attore francese che più di ogni altro simboleggia l'uomo qualunque, il vicino di casa anonimo che si saluta per forza. Invece nel gruppo di amici che decide di andare in vacanza al mare nonostante il grave incidente occorso ad un amico e in coma all'ospedale, sulle spalle del pur bravo Cluzet grava tutto il peso di un personaggio che deve sostenere tragedia e comicità senza che vi sia una reale opposizione ai suoi atteggiamenti esagerati, i vari amici impegnati a sostenere altrettante figure stereotipate appaiono deboli e al limite dell'insignificanza. Il tutto teso alla rivalutazione di sentimentalismi sepolti e di ipocrisie vecchie e nuove che però non hanno la forza di ferire o tanto meno di aprire nuovi scenari. Così per gradire, ci troviamo il riccastro che vuole dimostrarsi generoso per forza, una moglie insoddisfatta e una nevrotica, l'amico che scopre la sua omosessualità, il tipo new age e quello che ha abbandonato la città per vivere borghesemente nella natura, poi il maschio che viene sempre abbandonato dalle donne. Chiude il cerchio la bella del gruppo sempre disponibile, anzi no, ne arriva uno che suona la chitarra nelle sere d'estate davanti a una bella tavolata in cui dominano la nostalgia e l'anticamera della noia. Si canta tutti insieme sorseggiando l’ultimo bicchiere in attesa della notte. Nella realtà, a questo punto vent’anni prima qualcuno avrebbe tirato fuori le soporifere diapositive di altre vacanze, ma nella fiction degli anni duemila si guarda (un pò) il video dell'anno precedente con l'amico incidentato tanto per non far completamente dimenticare la componente tragica del film. Convenzionalità e moralismo crescono con una narrazione lineare e quanto mai intuibile, senza un vero brivido, senza uno scossone della scrittura. La dramedy inasprisce di poco il suo portato realistico, un pò falsa come la vita, un pò illusoria e fintamente benevola come l’amicizia sotto queste forme ipocrite. La colonna sonora si insinua troppo corposamente per coprire quel vuoto che non è desolante ma triste e ripetitivo come un disco rotto. Quella costruzione dell'interiorità che la nouvelle vague sapeva dosare perchè cresceva con l'aumento della consapevolezza dello spettatore, qui viene offerta come dato identificativo di partenza senza però che ci sia qualcosa da scoprire al di là del solito gioco dei piccoli intrighi innocui tra i protagonisti. La commozione arriverà, telecomandata anche quella e infatti non sembrerà troppo lancinante, demerito della scelta del regista di tenersi troppo distanti dai personaggi che invece si dovrebbero più coinvolgere per guadagnare  credibilità, Cluzet si salva per mestiere, ma è davvero poco per un film di due ore e mezza.. Film ascrivibile al sottogenere che da cavallo dell'anno duemila in avanti ha sfornato diversi titoli di successo come La cena dei cretini o il celebrato Quasi amici, lavori che hanno in comune ritmi e linguaggi poco inclini alla riflessione e all’introspezione. Per dirla alla Solondz, Perdona e dimentica..

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