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Il discorso del Re

Regia di Tom Hooper vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il discorso del Re

di AndrewTelevision01
7 stelle

 

Anno 1925: il Duca di York, il principe Albert, o Re Giorgio VI (Colin Firth) tiene il discorso di chiusura allo stadio di Wembley, situato a Londra. Il discorso, purtroppo, non è molto espressivo e il principe Albert si ritrova ad essere balbuziente e imbarazzato dinnanzi a migliaia di persone. Finito il "discorso", il principe cerca di farsi aiutare da un logopedista con delle pillole, ma finendo quasi per inghiottirle, esce dalla stanza furioso: ad accompagnarlo è la moglie regina Elizabeth Bowes-Lyon (Helena Bonham Carter). Sotto una falsa identità, quest'ultima si reca da un logopedista esperto nel linguaggio, il cui nome è Lionel Logue (Geoffrey Rush), cercando di prenotare una visita per il principe Albert. Questo accetta la visita e, tornato a casa ne parla con i parenti. Notiamo ancora difetti nel linguaggio del principe Albert persino quando tenta di raccontare una storia alle sue figlie, Elisabeth (Freya Wilson) e Margaret (Ramona Marquez): poco dopo, viene a sapere della visita e decide di andarci, anche se sfiduciato. Arriva finalmente il momento della visita; in stanza vi è entra, naturalmente, soltanto il principe Albert e Lionel. Quest'ultimo gli domanda questioni riguardo la sua vita privata, ma talvolta il principe Albert si infuria perché toccato nel profondo, e l'unica cosa che vorrebbe è la "sistemazione del linguaggio". Quindi Lionel gli consiglia di leggere una voce del passo dell'Amleto, per tentare non solo di sistemare il suo stesso linguaggio, ma anche il brusco rapporto con Lionel (in termini amichevoli si intende): non riuscendoci, Lionel gli consiglia di mettersi le cuffie, un nuovo strumento americano (mentre appunto legge), e dopo esserci quasi riuscito, il principe Albert ci rinuncia, salutando Lionel.

Anno 1934: Il principe Albert deve tenere un particolare discorso, e come gli ha consigliato anni fa Lionel, egli si deve aiutare con la musica per riuscire a non balbettare durante un discorso. Notiamo che, durante un momento di riflessione, il principe ascolta sè stesso mentre pronuncia una voce del passo dell'Amleto. Per ogni giorno, quindi, il principe Albert continua a farsi aiutare da Lionel, tenendo un discorso più comprensibile di altri.

Anno 1936: Muore re Giorgio V (Michael Gambon) e il trono passa al figlio Edoardo VIII. Mentre giocherella con i figli, Lionel viene interrotto in casa sua dall'inattesa visita del principe Albert. Lionel gli fa le condoglianze ma, nonostante tutti i suoi insegnamenti, il principe Albert ricomincia ad avere una certa balbuzie, anche se rimane comunque costante nel suo linguaggio. Il principe Albert ha oramai un rapporto così confidenziale con Lionel che gli racconta la sua infanzia, cosa ne pensa del passaggio al trono ad Edoardo VIII e molto altro riguardo la sua famiglia. Il giorno dopo, il principe Albert ed Elizabeth visitano la casa di Wallis Simpson (Eve Best), e viene sapere che lei ed Edoardo VIII hanno intenzione di sposarsi. Visto che Wallis si è sposata già due volte, il principe Albert si sente indignato e dopo essere stato preso in giro dal fratello, per colpa della balbuzie che lo ha caratterizzato sin da piccolo, decide di sfogarsi da Lionel. Winston Churchill (Timothy Spall) si presenta al principe Albert, e gli avverte della dichiarazione di guerra, da parte del dittatore "emergente" Adolf Hitler: egli deve preparare un discorso, con il supporto di Lionel. Si trasferisce quindi al Buckingham Palace, prendendo il posto di suo fratello, il quale non vuole continuare. Durante la presentazione con l'arcivescovo Cosmo Lang (Derek Jacobi), il quale non è d'accordo della presenza di un logopedista.

 

Anno 1939: Manca poco al momento più importante del principe Albert, e poco prima di questo fatidico momento, quest'ultimo improvvisa ballando e cantando come gli ha insegnato Lionel. Arriva il momento del discorso (tramesso da radio): nonostante l'intimidazione, il principe Albert viene rassicurato da Lionel, egli continua e, dopo aver finito Albert viene applaudito e omaggiato da tutti.

 

Film interessante, regia fluida, narrazione ottima, fotografia brillante, personaggi stupendi, ma a parer mio rimane un film discreto. Per carità, è un film biografico/storico drammatico, ma secondo me, per narrare una sceneggiatura basata sullo storico discorso del principe Albert in due ore di film è un po' troppo eccessivo. Il film mi ha un po' annoiato in alcuni momenti, poiché vi erano delle battute tentate ad allungare il brodo, fino ad arrivare ad un determinato punto della scena. Nonostante ciò, ho apprezzato l'aspetto tecnico del film e soprattutto i suoi ruoli principali. Abbiamo un bravissimo Colin Firth, che per due ore di film riesce ad interpretare, in modo anche abbastanza ottimale, un personaggo balbuziente e stressatissimo. Colin Firth è perfetto per interpretare un ruolo drammatico principale. Sopravvalutato invece il ruolo di Helena Bonham Carter, che interpreta la moglie del principe Albert. Boh, io l'ho trovata un po' come una macchietta, che ha una sua importanza perché solo grazie a lei il personaggio di Firth riesce ad incontrare Lionel, il suo salvatore. Magistrale il ruolo di quest'ultimo, interpretato da Geoffrey Rush, che tutti ricordiamo per il ruolo di Barbossa nella saga de "I Pirati Dei Caraibi". A parer mio, la nomination agli Oscar per miglior attore non protagonista era dovuta, poiché appunto mi ha colpito il suo ruolo. Un personaggio che, nonostante l'impazienza ed irascibilità del suo paziente, riesce a continuare il suo lavoro perché tentato da voler aiutare uno dei più importanti personaggi noti in Inghilterra e non solo, ma per motivi morali. 
Infine, dopo aver discusso dei personaggi principali, volevo discutere sul ritmo. Come ho detto prima, incentrare la malattia in un film biografico per poi vederla sparire del tutto mi puzza un po' di moralismo, anche se l'happy ending è dovuto dal fatto che non si possono cambiare le cose, perché stiamo appunto riportando sulla pellicola dei fatti storici. Il ritmo in un film è importante, perché se non via, poi tutto ciò porta alla noia. Questa pellicola è eccessiva perché dura due, ma non me la prendo neanche così tanto, perché non è la prima volta che succede: ci hanno provato e devo ammettere che la storia e il suo finale mi son piaciuti (quest'ultimo in particolare è la parte più importante della seconda metà di film). Il film ha come lati positivi un po' di ritmo della prima ora, i ruoli principali, la fotografia e l'atmosfera che si respira in momenti di tensione (a parer mio non troppo elevati).
7½.

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