Regia di Martin Provost vedi scheda film
Ecco finalmente il film che ha consacrato al mondo il talento di Yolande Moreau, circolato da noi quasi clandestinamente e recuperato da me solo ora, dopo aver conosciuto questa splendida attrice in altre fantastiche e spesso esilaranti prove, dove, a differenza che qui, metteva in risalto le sue doti e la sua verve comica, piu' che quella drammatica.
Il film e' il biopic sulla pittrice Séraphine Louis, conosciuta poi come Séraphine de Senlis, nata e vissuta in poverta', facendo la serva, considerata una matta innocua. Il film percorre la sua vita dagli anni '20, nell'immediato dopoguerra, e racconta di questa sua passione per la pittura, coltivata da autodidatta, senza una vera educazione al metodo e alla forma; solo in tarda eta' scoperta per caso da un gallerista tedesco presso il quale lavorava come donna delle pulizie. Appassionata della natura, delle composizioni floreali, dei colori accesi che caratterizzano le sue composizioni sempre piu' composite e naif, seguiamo la pittrice nel suo drammatico percorso fatto di vita umile, randagia, lasciata alla commiserazione di una nobilta' fredda con chi mostra un interesse che non viene ritenuto consono al rango sociale a cui si appartiene. Il film narra, con particolare concessione alla descrizione paesaggistica di una natura opulenta e quasi carnale, l'affannoso tentativo dell'artista di prodursi le meravigliose colorazioni che caratterizzao le sue composite e visivamente affascinanti opere; pitture prodotte da se' mescolando sostanze trafugate qua e la' con vernici che la donna acquista lesinando sul cibo, unendole ad erbe e prodotti naturali. Le tonalita' raggiunte dai suoi quadri lasciano a bocca aperta il suo scopritore, che ne appoggia subito la produzione e tenta di lanciarne sul mercato le numerose tele che questa produce dopo intere giornate di lavoro ininterrotto. Purtroppo la fama giunge spesso quando ormai e' troppo tardi per godersela e il destino di Séraphine e' quello di finire gli anni di un'esistenza, gia' travagliata e dura, in un manicomio, che ne frenera' per sempre l'impeto produttivo e la sfolgorante capacita' creativa di quel breve ma intenso periodo trascorso accanto al suo pigmalione e scopritore.
Girato molto bene, con inquadrature che insistono su paesaggi rurali o naturali che ricordano molto certa pittura descrittiva nordica, il film ha regalato alla Moreau un meritato Cesar come miglior interprete femminile, aprendole definitivamente le porte al cinema dei migliori autori europei contemporanei.
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