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Skyline

Regia di Colin Strause, Greg Strause vedi scheda film

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La recensione su Skyline

di amandagriss
6 stelle

Ancora una volta le sorti dell'umanità sono affidate alle crudeli gesta di terribili alieni che a bordo delle loro imponenti astronavi solcano i cieli del mondo per sferrare fatali attacchi alla nostra Madre Terra. In soli tre giorni arrivano depredano e conquistano, incontrastati imbattibili inesorabili. Nella notturna città di Los Angeles (ma è lo stesso in ogni dove) abbacinanti, affascinanti quanto ingannevoli luci blu calano in fasci dalle stelle invadendo ogni cosa, insinuandosi fin nel più oscuro degli anfratti metropolitani. Penetrano nelle case, nei lussuosi appartamenti di colossali grattacieli con le loro caratteristiche viste panoramiche a 360° che improvvisamente da residenze esclusive ed ultrasicure si trasformano nei luoghi più vulnerabili e meno consoni in cui trovare rifugio, nascondersi dall’‘angelo azzurro’ piovuto dal cielo, ideali, invece, per la spietata caccia aliena all'uomo. B movie sci-fi con venature horror questo Skyline, ricco di ottimi effetti speciali, che ha nello sguardo il suo vero ed unico punto di forza. Il resto è relegato in secondo e (pure terzo) piano: il cast, soprattutto di facce tv [comprende Eric Balfour di cui si ricorda il breve ruolo nel remake rivisitato del 2003 Non aprite quella porta, dove, fidanzato a Jessica Biel, perde la vita -senza lottare, banalmente e crudelmente- per un'accettata assestata alla schiena da parte di Faccia di cuoio], si avvale di una performance recitativa a tratti davvero imbarazzante, come imbarazzanti sono i dialoghi, mentre la colonna sonora (piatto forte dei registi?, anche nel precedente, risibile, Aliens vs Predator 2 la faceva da padrone, così esageratamente enfatica e stordente da creare per contrasto un effetto annichilente sullo spettatore) invano cerca d'infondere drammaticità agli eventi e coinvolgere emotivamente chi sta a guardare. Sì perché il film dei fratelli Strause è sostanzialmente freddo, distante, permeato da un forte senso d'irrealtà (lo dice anche uno dei protagonisti) che impedisce ogni tentativo di empatizzare il vissuto dei personaggi nonostante l'azione si svolga in luoghi a noi familiari (le nostre case) in grado, almeno in teoria, di garantire una maggiore se non totale immedesimazione. A 'gelare' l'atmosfera contribuisce l'asetticità degli ambienti, l'impersonale accessoriato hi-tech e una fotografia virata al blu metallico, senza dubbio stupenda e nitidissima, ma capace di azzerare ogni tentativo (se ce ne è mai stata l'intenzione) di apportare un briciolo di 'sporco' realismo al contesto. Dalla sua, il film possiede convincenti alieni cattivissimi, più belli dei tripodi spielberghiani (si nota una vaga somiglianza), dotati di lunghi tentacoli luminosi (come certi lampadari di ultima generazione: groviglio di acciaio e led) che evocano la letale leggiadrìa delle meduse, con teste ovoidali armate di una bocca che ricorda quella delle piante carnivore, muniti di stritolanti piedi da T-Rex e di mani artigliate da cui partono rosei filamenti a ventosa, atti a risucchiare ed inghiottire per intero il povero malcapitato umano che, sprofondato in uno stato di trance, si ritrova a seguire, come si segue una fede, l'ipnotico richiamo delle luci blu. Una certa sottile tensione dovuta all'imponderabilità degli eventi ed una latente claustrofobia mantengono al minimo consentito l'attenzione permettendoci, intanto, di appurare il nostro personale stato di cinefilia (recente), perché dentro possiamo trovarvi La guerra dei mondi -appunto-, i distruttivi laser blu di Indipendence day, gli assalti tentacolari di The Mist (e non solo), l'irruenza dei mostri alieni nell'invadere e distruggere la città e i suoi grattacieli/colonne portanti propri di Cloverfield, il IV Resident Evil (3d) per l'idea delle fauci a ventosa, e perfino Face Off  per quella particolare, inconfondibile carezza sul viso. Eppure Skyline finisce col far simpatia in quanto opera fine a se stessa; è puro intrattenimento, non pretende impegnate letture tra le righe, tutt'al più inneggia ad un umanesimo in via d'estinzione (riferimento al bellissimo District 9) ed esalta l'unicità della razza umana -nel corpo come nello spirito come nella mente (scopo, quest'ultima, della caccia aliena)- celebrando la capacità di conservarne l’essenza anche in una veste che non è (più) la sua.

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